Continuità e trasformazione nella decorazione architettonica costantinopolitana del V secolo

Da DecArch - Decorazione architettonica romana.
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Testo pubblicato come:
M. MILELLA, "Continuità e trasformazione nella decorazione architettonica costantinopolitana del V secolo", in Bisanzio e l'Occidente: arte, archeologia, storia. Studi in onore di Fernanda de' Maffei, Roma 1996, pp.61-73.
NB: Testo e immagini leggermente diversi rispetto alla versione pubblicata.


La decorazione architettonica può costituire un utile indicatore per il gusto artistico espresso in un dato luogo e in un dato tempo: i motivi decorativi più comuni delle trabeazioni, ereditati dal mondo greco, vengono usati per secoli nell'età imperiale romana ed oltre, ma le variazioni visibili nella loro resa e nella loro struttura e i mutamenti nella loro disposizione all'interno degli elementi architettonici, ci offrono l'occasione di mettere in luce i gusti e le tendenze artistiche che si esprimono, ad esempio, anche nella scultura. L'accoglimento dei motivi della tradizione romana "classica" nell'ambito dell'architettura bizantina, in alcuni casi riproposti con una certa fedeltà, non ne nasconde tuttavia la perdita di coerenza organica e di significato strutturale, sia nell'insieme delle trabeazioni, sia nei singoli motivi.

I propilei della Santa Sofia teodosiana

I propilei della Santa Sofia di Teodosio II, inaugurata il 10 ottobre del 415, costituiscono un importante punto di riferimento cronologico. Ad un ingresso a quattro colonne, sormontate da un frontone con arco siriaco, erano affiancati portici di altezza minore sorreggenti una trabeazione, mentre un fregio correva sul muro di fondo dei portici stessi[1].

Cornice

Cornice di frontone con mensole e timpano dei propilei teodosiani di Santa Sofia a Costantinopoli

I geisa diritto e obliquo del frontone sopra l'ingresso e la cornice[2] presentano una grande sima, sormontata da uno spesso listello e decorata con un kyma lesbio continuo rovesciato. Un astragalo a fusarole e perline divide la sima dalla corona, ridotta ad un sottile listello[3].

Il soffitto è sorretto da mensole parallelepipede, incorniciate da un grande kyma ionico, secondo la tradizione romana microasiatica e in genere di ambito orientale[4]. L'incisione di un rocchetto sulla faccia anteriore, di una foglia d'acanto dalla cima troncata sul piano inferiore e di steli a S con nastro piatto sui fianchi (nell'esemplare della cornice angolare) indica tuttavia una ripresa semplificata del disegno tradizionale della mensola con profilo ad S, diffuso nell'età imperiale romana in occidente[5]. I cassettoni sono costituiti da superfici leggermente convesse, su cui sono intagliate rosette e motivi diversi. La sottocornice, di altezza proporzionalmente ridotta, comprende un kyma ionico e una serie di dentelli quadrati, ben distanziati e privi di elementi intermedi: le due modanature sono separate da un astragalo a fusarole e perline uguale a quello presente tra sima e corona.

Fregio-architrave

Fregio-archivolto dell'arco siriaco dei propilei teodosiani di Santa Sofia a Costantinopoli

Il fregio-architrave, in parte incurvato a formare l'incorniciatura dell'arco (archivolto) all'interno del frontone, presenta un fregio convesso, decorato da girali d'acanto e coronato da uno spesso listello e da un kyma ionico. Il coronamento dell'architrave (e dell'archivolto) è costituito da un kyma lesbio trilobato, una piccola fascia liscia, un kyma ionico e un astragalo a fusarole e perline, simile, quest'ultimo, a quello della cornice; l'architrave è articolato in tre fasce, distinte da un altro astragalo a fusarole e perline e da un astragalo a sole perline sferiche[6].

Influssi e modelli

Sia nella cornice, sia nel fregio-architrave, la successione delle modanature rispecchia abbastanza fedelmente quella dei modelli di età imperiale romana di ambiente microasiatico[7], e più precisamente nella parte meridionale dell'Asia Minore e in Siria, ma con influssi forse anche di origine occidentale, per la presenza del kyma lesbio trilobato nel coronamento dell'architrave e soprattutto per la ripresa del modello di mensola ad S nella cornice[8].

La ripresa della tradizione più antica è, in ogni caso, limitata alla riproposizione di motivi decorativi, la cui struttura organica non è più pienamente compresa e che, come già osservato dal Deichmann[9], sono giustapposti senza tener conto delle reciproche relazioni. Nella cornice, infatti, le dimensioni delle modanature l'una rispetto all'altra e la riduzione della corona, indicano una scarsa attenzione per la costruzione tettonica dell'elemento. Ugualmente nel fregio-architrave si notano le proporzioni eccessive dei coronamenti del fregio e dell'architrave rispetto al fregio stesso e alle fasce; inoltre il coronamento dell'architrave sembra non sporgere rispetto al piano del fregio, in quanto il kyma lesbio trilobato è intagliato su una gola rovescia poco accentuata, ad andamento quasi verticale. L'impressione è insomma quella di una successione di modanature decorate, tutte considerate all'incirca della stessa importanza, separate da spessi listelli. In particolare è significativo che il listello che divide kyma ionico e kyma lesbio nel coronamento dell'architrave sembri quasi, per le sue proporzioni eccessive, un'ulteriore fascia dell'architrave: quello che era considerato importante, evidentemente, non era sottolineare con la decorazione la funzione portante dell'elemento, ma creare invece una successione paratattica di fasce lisce e decorate.

Portici laterali

Nella trabeazione dei portici laterali[10] questo disinteresse per la coerenza strutturale degli elementi architettonici sembra ancora accentuarsi: la cornice è ridotta alla sola sima, decorata con palmette[11] e, sotto il fregio con baccellature, il coronamento dell'architrave è limitato al solo astragalo a fusarole e perline; l'architrave stesso è suddiviso in due sole fasce, separate da un motivo a corda.

Anche il fregio-architrave che decora il muro di fondo del portico, con una processione di agnelli, presenta l'architrave ridotto ad un'unica fascia, sormontata da un astragalo a fusarole e perline[12].


Forum Tauri

La ripresa di motivi della tradizione decorativo architettonica romana, con il medesimo disinteresse per il loro significato strutturale, è già visibile anche nei frammenti rinvenuti nell'area del Forum Tauri, il grande complesso monumentale inaugurato da Teodosio I nel 393 d.C. (15 ), conservati nel giardino all'esterno del Museo Archeologico di Istanbul.

La cornice presenta a partire dall'alto una grande sima decorata a palmette alternativamente aperte e chiuse[13], a cui seguono inferiormente una serie di modanature (astragalo a fusarole e perline, kyma ionico, altro astragalo, piccoli dentelli quadrati e ben distanziati) separate da listelli e tutte di proporzioni abbastanza simili, indipendentemente dall'originaria "importanza" dei diversi motivi decorativi.

Il fregio-architrave[14] presenta un fregio convesso, decorato con uno stelo ondulato ricoperto da foglie d'acanto, ed è coronato da uno spesso listello e da un kyma ionico, secondo modalità comuni nell'Asia Minore romana; l'architrave è a due sottili fasce separate da un astragalo a fusarole e perline, coronato con uno spesso listello, un kyma lesbio trilobato e un astragalo a fusarole e perline[15].

Nuovamente sono presenti motivi derivanti dalla tradizione microasiatica, come il coronamento del fregio convesso con un kyma ionico e la decorazione a palmette della sima[16]. Le proporzioni reciproche delle modanature, tuttavia, indicano anche in questo caso una mancanza di interesse per l'articolazione tettonica degli elementi: nella cornice mancano del tutto la corona e il soffitto, nel fregio il listello sovrapposto al coronamento è sovradimensionato e infine eccessive sono anche le proporzioni del coronamento dell'architrave, che occupa quasi metà dell'altezza dell'elemento.

San Giovanni di Studio

Nel corso del V secolo molte componenti della tradizione classica vanno progressivamente eliminandosi e si tende verso una sintassi sempre più puramente decorativa, in cui i singoli motivi sembrano perdere la loro individualità[17]. Tale tendenza è visibile ad esempio; nella trabeazione del nartece e della navata centrale della basilica di San Giovanni di Studio, edificata tra il 450 e il 454 e dedicata nel 463.

La cornice è costituita da una sima decorata con baccellature, ad andamento quasi verticale, sormontata da uno spesso listello e limitata inferiormente da un listellino e da un astragalo a sole perline sferiche; manca la corona, visivamente rimpiazzata dal grande kyma ionico che incornicia le mensole del soffitto, queste molto ridotte in altezza ed espanse in larghezza. La sottocornice è limitata ad una fila di dentelli, simili a quelli della Santa Sofia teodosiana, inquadrati da listelli.

Il coronamento del fregio è costituito da un kyma di foglie lisce intagliato su una gola quasi verticale, inquadrato da due spessi listelli posti sullo stesso piano. Il fregio, accentuatamente convesso, è decorato da girali d'acanto finemente dentellato[18], con fogliette aguzze che si toccano formando zone d'ombra triangolari fortemente ombreggiate[19].

L'architrave è coronato dal solo kyma ionico, sormontato da uno spesso listello da cui è diviso per mezzo di un solco, ed è articolato in tre fasce, separate da un astragalo a fusarole e perline e da un astragalo a sole perline: la fascia inferiore è impropriamente alta quasi quanto le due superiori messe insieme. Se nuovamente la successione delle modanature richiama la tradizione decorativa romana di ambito orientale, per il fregio convesso coronato da kyma ionico e l'architrave pure coronato da kyma ionico, la mancanza di articolazione tettonica degli elementi architettonici indica che i motivi sono ormai considerati semplici sequenze decorative, facenti parte di un piatto e unitario rivestimento[20].

La tendenza ad una perdita del collegamento organico tra i singoli elementi, a favore di una successione paratattica ed indistinta di motivi, già delineata nell'articolazione degli elementi che compongono la trabeazione, può essere seguita anche nelle trasformazioni delle stesse modanature decorate, in particolare del kyma lesbio trilobato e del kyma ionico.

Le modanature

Kyma lesbio trilobato

Fregio-archivolto della Santa Sofia teodosiana a Costantinopoli, particolare del kyma lesbio trilobato del coronamento dell'archivolto

Il kyma lesbio trilobato dei propilei della Santa Sofia teodosiana conserva ancora ben distinti i diversi elementi costitutivi (archetto trilobato, elemento interno, fiore a tulipano tra gli archetti). Nel coronamento dell'architrave dell'ingresso, il fiore a tulipano è tuttavia privo di stelo e presenta un'unica superficie piuttosto piatta, dalla quale emergono sul contorno superiore dei piccoli triangoli, che rappresentano le cime dei tradizionali due petali laterali e del terzo petalo ridotto centrale; inoltre i due tratti di nastro aggiuntivi all'interno dell'archetto, tipici della decorazione architettonica microasiatica romana (25), sono accostati inferiormente e coprono la punta della foglia lanceolata che costituisce l'elemento interno: quest'ultimo si trova quasi isolato entro un'incorniciatura scanalata. Sembra dunque, in questo caso, che gli elementi strutturali della modanatura abbiano iniziato a perdere di consistenza a favore delle esigenze di un astratto disegno decorativo basato sui forti contrasti chiaroscurali[21].

La disomogeneità nella resa di singole modanature, anche in elementi appartenenti allo stesso monumento, fa pensare che gli scalpellini dovessero godere di grande libertà, disponendo probabilmente di indicazioni solo sommarie sul disegno dei motivi. La perdita di significato dei legami organici tra gli elementi di una stessa modanatura deve infatti aver permesso di modificare secondo un gusto anche individuale i particolari del disegno[22].

Negli architravi attribuiti al Forum Tauri[23], il kyma lesbio trilobato del coronamento presentava archetti tendenti ad assumere una forma semicircolare, alternati a con fiori a tulipano dai petali rigonfi, non distinti dallo spesso stelo; all'interno degli archetti è presente una piccola foglia liscia, ridotta al rigonfiamento superiore e con la punta nascosta dai nastri aggiuntivi interni all'archetto, che hanno qui già assunto un ampio sviluppo.

In un secondo gruppo di architravi attribuiti al medesimo complesso, ora nel primo cortile del Topkapi[24]), l'archetto è completamente semicircolare, essendo sparita ogni traccia del lobo superiore: la principale figura decorativa all'interno è divenuta un triangolo rovesciato, costituito dai nastri aggiuntivi interni e dal culmine dell'archetto stesso, interamente occupato da un piccolo triangolo che rappresenta i resti della foglia interna. La perdita di significato organico degli elementi costituenti il motivo risulta già evidente dalla resa, con i solchi che dovrebbero indicare la concavità dei nastri dell'archetto o dei petali del fiore a tulipano non più nettamente distinguibili dai solchi che separano gli elementi l'uno dall'altro[25].

Confronti per il kyma lesbio trilobato

Trabeazione nel Museo di Yalvaç, da Antiochia di Pisidia

Un motivo simile a quello del kyma lesbico degli architravi del secondo gruppo, ma meno nettamente delineato, è presente in una piccola trabeazione di Antiochia di Pisidia, conservata nel giardino del museo di Yalvaç, che potrebbe quindi essere datata nella prima metà del V secolo d.C. La trabeazione, intagliata in un unico blocco, comprende una cornice con mensole, un fregio decorato a girali e un architrave a tre fasce coronato da un kyma lesbio trilobato. Il kyma è ridotto, come nel Forum Tauri, ad una successione di archetti semicircolari, privi del lobo superiore: in questo caso, tuttavia, mancano inoltre i fiori a tulipano tra gli archetti. La superficie interna agli archetti, infine, è segnata da due leggere solcature, che richiamano il motivo dei nastri aggiuntivi: sembra significativo, per l'importanza attribuita ai valori decorativi, che sia rimasta traccia di questi elementi secondari, piuttosto che di altri di ben altra importanza nell'articolazione canonica del motivo, come il lobo superiore dell'archetto e il fiore a tulipano.

Capitello ionico della fase bizantina del tempio di Afrodite ad Afrodisia di Caria, particolare del kyma lesbio trilobato sui lati dell'abaco.

In un capitello ionico della basilica edificata nel tempio di Afrodite ad Afrodisia, datata alla metà del V secolo[26], il kyma lesbio trilobato che decora l'abaco presenta un triplice motivo di semicerchi concentrici a sezione tubolare: il semicerchio più esterno deriva dalla semplificazione del contorno esterno del fiore a tulipano, dallo stello alla cima del petalo laterale, i due semicerchi interni dai margini rilevati del nastro nella parte inferiore dell'archetto; il petalo centrale del fiore è trasformato in un piccolo rombo inciso, riempitivo dello spazio superiore tra i semicerchi. Il lobo superiore non manca del tutto, in questo caso, ma è inciso oltre il margine superiore della modanatura, sul listello soprastante. Lo spazio interno degli archetti è occupato da un elemento a spigolo, rappresentante la consueta foglia lanceolata; l'assottigliamento della punta, troncata dal bordo inferiore, è tuttavia reso mediante due fori di trapano, che costituiscono l'unico approfondimento del rilievo, altrimenti piuttosto piatto, e sembrano inoltre evocare lo spazio fortemente ombreggiato che in origine era determinato dai nastri aggiuntivi all'interno dell'archetto.

Si manifesta chiaramente in questi esempi un certo disinteresse per la struttura organica del motivo, che determina in particolare la riduzione o la scomparsa del lobo superiore dell'archetto, e, soprattutto, la tendenza alla scomposizione del motivo in elementi separati, privi di collegamenti riconoscibili.

Fusto decorato di pilastro da Hierapolis di Frigia, particolare del kyma lesbio trilobato che incornicia il pannello decorato.

Il kyma lesbio trilobato dell'incorniciatura di un pilastro decorato nel lapidario delle terme di Hierapolis presenta ancora più accentuata questa tendenza, pur conservando una certa plasticità. La maggiore disarticolazione della struttura organica del motivo potrebbe suggerire di datare il pezzo, sporadico, forse alla fine del V secolo d.C. [Aggiunta non presente nell'articolo originario] In realtà il fusto è stato in seguito riconosciuto come appartenente al restauro della scena del teatro di Hierapolis della metà del IV secolo, sotto Costanzo II[27]: si deve dunque pensare ad un'inizio più precoce di questa disarticolazione [Fine aggiunta]. L'archetto, nuovamente privo di lobo superiore, è separato in due motivi indipendenti[28], formati dalla metà del nastro dell'archetto stesso e dal nastro aggiuntivo interno che da questo si diparte. Il fiore a tulipano, a forma di Y, è inoltre affiancato da due elementi che duplicano l'elemento interno agli archetti, trasformato qui in una foglia lanceolata diritta, anziché rovescia, priva di collegamento con l'archetto stesso.

Kyma ionico

Anche nei kymatia ionici, non uniformi, delle trabeazioni della Santa Sofia teodosiana[29] e in quelli, simili, della cornice e del primo gruppo di architravi del Forum Tauri[30], è ugualmente evidente la tendenza, ancora solo agli inizi, a disarticolare i legami organici che collegano sgusci, ovuli ed elementi intermedi, in modo da ottenere una successione paratattica di figure decorative: gli ovuli tendono a restringersi anche superiormente e gli sgusci, ben distanziati, a seguirne il profilo, senza chiudersi al di sotto dell'ovulo stesso. Tra gli sgusci sono presenti freccette con punta a V e asta a forma di triangolo[31].

Anche il secondo gruppo degli architravi del Forum Tauri[32] presenta una forma simile del motivo, ma, come nel caso del kyma lesbio trilobato, gli sgusci e le freccette intermedie sono segnati da solchi che dovrebbero renderne la concavità e piuttosto raggiungono un esito grafico di particolare effetto decorativo.

Le cornici del "ninfeo di Caracalla" a Laodicea al Lico

Cornice ionica del "ninfeo di Caracalla" a Laodicea sul Lico, pertinente alla fase di costruzione in età severiana
Cornice ionica del "ninfeo di Caracalla" a Laodicea sul Lico, copia pertinente al rifacimento del V secolo

I resti architettonici del ninfeo di Laodicea al Lico, databile all'età di Caracalla, ma trasformato nella prima metà del V secolo in un edificio probabilmente cristiano, permettono di rendere evidente l'incomprensione diffusa in quest'epoca dei motivi architettonici ereditati dalla tradizione romana. Alcuni elementi del III secolo furono infatti reimpiegati nella ristrutturazione dell'edificio e integrati da copie realizzate ex-novo, con la medesima successione di modanature e le medesime misure, ma con rese molto diverse dei singoli motivi.

Alcune cornici ioniche[33] sono ad esempio copie di quelle pertinenti probabilmente in origine al primo ordine del ninfeo[34]: in esse è evidente un interesse rivolto esclusivamente al valore decorativo dei singoli elementi e non alla coerenza dell'insieme. Nelle cornici più recenti, la decorazione a palmette della sima si presenta disarticolata in una successione di sbarre verticali, collegate da altre sbarre orizzontali alla base: i lobi delle palmette sono infatti trasformati in singoli elementi allungati, allineati paratatticamente. L'anthemion sotto il soffitto si è ugualmente scomposto in una serie di motivi ad arco con contorno inorganicamente frastagliato, alternativamente diritti e rovesci, che ripropongono senza comprenderlo, il disegno generale dei tralci intermittenti ricoperti dalle foglie d'acanto. Il kyma ionico ha ora completato la sua trasformazione ed è costitutito da ovuli "a mandorla", contenuti in sgusci "a parentesi"[35].

Simili trasformazioni si ritrovano anche in un altro gruppo di cornici, con mensole, dello stesso edificio, decorate inferiormente da un kyma lesbio trilobato[36]. Nelle copie di V secolo, l'archetto del kyma, di forma quasi semicircolare, con lobo superiore poco distinto, è scomposto in due metà comprendenti il nastro aggiuntivo interno e gli spazi incavati ogivali così delimitati: tali elementi ad arco sono nettamente separti per mezzo di sochi di trapano sia dal semplice fiore a tulipano a Y, sia dalla parte inferiore dell'elemento interno, a foglia lanceolata; all'estremità superiore di quest'ultimo è presente un'incisione circolare che richiama l'originario rigonfiamento dell'estremità che trovava posto entro il lobo speriore dell'archetto[37].

Conclusioni

La decorazione architettonica costantinopolitana del V secolo d.C., e quella delle provincie orientali che ne deriva, sembra dunque caratterizzata da un disinteresse che va man mano accentuandosi per l'articolazione tettonica delle trebeazioni, ridotte ad una semplice sovrapposizione di decorazioni, senza la funzione di sottolineare le partizioni architettoniche secondo una ben precisa gerarchia. Inoltre la struttura dei singoli motivi decorativi, ripresi dal tradizionale repertorio di età romana, non è più compresa e si tende sempre più a disarticolarli e ricomporli come sequenze di elementi paratatticamente accostati, privi di qualsiasi coerenza interna.

Il gusto per l'accentuazione decorativa dei dettagli è già presente in età romana, in particolare nella decorazione delle province orientali: la differenza sta nel fatto che la funzione del singolo elemento nell'insieme della decorazione non viene mai dimenticata. Sono eventualmente aggiunti minuti particolari decorativi, sottolineati dalla nitidezza dell'intaglio, e la resa perde spesso di rilievo per sottolineare appunto la minuzia del disegno giocato in superficie; tuttavia i particolari aggiunti non rendono mai meno comprensibile lo schema logico che è alla base del motivo.

Le radici della decorazione costantinopolitana rimangono nella tradizione romana di ambito orientale, ma il carattere ne viene sostanzialmente mutato[38]: in base a nuove esigenze estetiche la decorazione tende a ricoprire come un tappeto le pareti, con motivi sempre variati e con superfici prive di profondità disegnate per mezzo di netti contrasti chiaroscurali.

Il testo è pubblicato anche su Archeocommons

Note

  1. La disposizione sembra riprendere quella dei propilei di edifici pubblici o di templi, aperti sulle vie colonnate delle città romane della Siria e dell'Asia Minore meridionale, che spesso sono evidenziati dall'altezza maggiore delle colonne rispetto a quelle dei portici della strada: le trabeazioni di questi ultimi talvolta si appoggiano alle colonne più alte del propileo mediante mensole intagliate insieme ai rocchi (cfr. la ricostruzione dei propilei della Santa Sofia pubblicata in DEICHEMANN 1956a, fig.5; MÜLLER-WIENER 1977, fig.68). Esempi sono: a Gerasa i propilei del tempio di Artemide (BROWNING 1982, fig.31), o il tratto meridionale della via colonnata, dove la differenza di livello del colonnato è dovuta alla necessità di superare una lieve pendenza (BROWNING 1982, p.136, fig.707); a Palmira, su un tratto della via colonnata tra il Tetrapilo e il c.d. Tempio funerario (BROWNING 1979, figg.113, 115) o nei propilei delle Terme di Diocleziano, dove tuttavia le colonne del portico si appoggiano ai pilastri laterali dietro le colonne del propileo, le quali sporgono sulla strada (BROWNING 1979, fig.81).
  2. DEICHMANN 1956a, figg.12-14, 16.
  3. Nel kyma lesbio continuo rovesciato della sima gli archetti sono distinti dall'ampio spazio intermedio, riempito, solo mediante un leggero gradino, e il loro rilievo poco evidente è appena accentuato dalla leggera obliquità delle superfici, che mette in risalto l'elemento interno a foglia lanceolata. L'astragalo è costituito da perline allungate con estremità triangolari di forma più prismatica che cilindrica (nel culmine del frontone), oppure ovali con estremità appuntite (nella cornice angolare), alternate a coppie di fusarole romboidali.
  4. LYTTELTON 1974, p.202.
  5. STRONG 1963; v. HESBERG 1980. Nella tradizione decorativa della parte orientale dell'impero, le mensole, più rare, sono invece generalmente a forma di parallelepipedo, a volte con foglie d'acanto sulla faccia inferiore, ma senza ulteriore decorazione sui fianchi e sul lato anteriore, come nella trabeazione dell'arco di Pessinunte, datato al primo quarto del III secolo d.C. (DEVRECKER e WAELKENS 1984, pp.85, 91-93, fig.126); in Siria si trovano mensole parallelepipede con decorazioni varie, ad esempio a Gerasa e a Palmira (LYTTELTON 1974, pp.247, 253, tavv.149-150).
  6. Il motivo dell'incurvamento di parte della trabeazione ("arco siriaco") è particolarmente diffuso in Siria e in genere in ambito orientale, soprattutto a partire dal II secolo d.C., ma va distinto dalla trabeazione spezzata sormontata da un arco, che si trova anche in precedenza (LYTTELTON 1974, pp.260-261; YEGÜL 1986 , p.134, n.3; cfr., per una possibile origine nell'architettura ellenistica di Alessandria d'Egitto, LAUTER 1971; v.anche PENSABENE 1993, p.131).
  7. DEICHMANN 1956a; DEICHMANN 1956b, p.35; DEICHMANN 1961, pp.98-115.
  8. La tradizione decorativa sviluppatasi nella città di Roma a partire dall'età augustea, prevede architravi suddivisi in tre fasce e coronati da kyma lesbio trilobato e astragalo, sormontati da un listello. Nell'Asia Minore di II-III secolo d.C. il coronamento dell'architrave, suddiviso talora in due sole fasce, è invece generalmente costituito da un kyma ionico, per lo più sormontato da un anthemion o da una serie di palmette, mentre il kyma lesbio trilobato è presente sui capitelli o sulle incorniciature dei lacunari o dei pannelli dei pilastri decorati. Esistono comunque diversi elementi di architrave coronati da un kyma lesbio trilobato, ad esempio a Side (WEGNER 1989, pp.161-162), nonché nella stessa Bisanzio (BARSANTI 1990, p.37, tav.XIII, figg.29-30). Per coronamenti di architrave costituiti, come in questo caso, da un kyma ionico sormontato da un kyma lesbio trilobato, v. ad esempio i frammenti reimpiegati nella Panaghìa di Antalya (GRASSI 1990, p.75, figg.5, 13, 37). L'accoppiamento invertito delle due modanature si trova anche in Siria (adyton nord della cella del tempio di Bel a Palmira: BROWNING 1979, figg.60-61). Per architravi d'Asia Minore il cui coronamento è costituito da ben quattro modanature decorate, tra cui il kyma lesbio trilobato, v. LYTTELTON 1974, p.92.
  9. DEICHMANN 1956a, p.66; DEICHMANN 1956b, p.35.
  10. DEICHMANN 1956a, p.56, fig.15.
  11. BARSANTI 1982, p.421 e nota 6.
  12. DEICHMANN 1956a, p.63, fig.6.
  13. BARSANTI 1982, p.420, note 4 e 5.
  14. DUYURAN 1958, p.72, fig.5; BARSANTI 1982, n.4, fig.4; MÜLLER-WIENER 1977, fig.293.
  15. Altri architravi, attribuiti ugualmente al complesso (NAUMANN 1976: il tipo "c", p.137, fig.12, tav.35,1 e 3) sembrano una copia più tarda di quelli già citati, con la medesima successione di modanature, ad eccezione della presenza di un motivo a corda, invece che di un astragalo, a dividere le due fasce; un altro esemplare (NAUMANN 1976: il tipo "a", p.136, fig.10, tav.34,1-3), incurvato perché collocato probabilmente sul muro di un abside, presenta invece l'architrave diviso in tre fasce, separate rispettivamente da un astragalo a fusarole e perline e da un motivo a corda, mentre il fregio presenta un doppio tralcio ondulato con foglie d'acanto, intrecciato ad otto.
  16. BASARAN 1989.
  17. DEICHMANN 1956b, p.35; KRAUTHEIMER 1983, p.78.
  18. DEICHMANN, 1956a, p.71.
  19. Nel kyma di foglie del coronamento, le foglie, collegate alla base, presentano lo spazio intermedio articolato in un forellino di trapano inferiormente e in uno spazio quasi trilobato superiormente; al centro delle foglie, sottili linee con sezione a Y segnano la costolatura centrale; questi particolari rivelano la parentela del motivo con un kyma lesbio continuo rovesciato, in cui lo spazio tra gli archetti è reso mediante una semplice incisione lungo il contorno esterno. Mancano tuttavia le foglie in secondo piano, ovvero gli elementi interni agli archetti. La cima delle foglie delle girali del fregio si biforca per riempire tutti gli spazi vuoti, dando origine alla foglia successiva della girale, mentre non è più visibile il tralcio che dovrebbe costituirne l'ossatura: ciò indica l'intento esclusivamente decorativo del motivo, che ha perso ogni connessione con la realtà naturale.
  20. Nel secolo successivo la tendenza sarà spinta ancora oltre, come è visibile nelle trabeazioni di San Polieucto (524-527 d.C.), dove le cornici con mensole presentano le decorazioni canoniche sostituite da una successione di elementi vegetali stilizzati (HARRISON 1986, p.121, tipo 2.a, figg.111-113), della Santa Sofia giustinianea, in particolare le cornici di coronamento delle arcate nelle navate (BLUTER 1985), il cui soffitto con mensole e cassettoni è ribaltato quasi in verticale, e dei Santi Sergio e Bacco (DEICHMANN 1956a, pp.72-83), con la scomparsa definitiva della struttura e degli elementi della tradizione antica (DEICHMANN 1956b, p.36).
  21. La tendenza a rendere uguali i tre petali e a moltiplicarli si trova anche a Roma, soprattutto a partire dall'età severiana (NEU 1972, p.55, n.27, tav.15). I tratti di nastro aggiuntivi all'interno dell'archetto rappresentano l'isolamento, quale motivo a sé stante, dei margini rilevati dell'elemento interno a foglia lanceolata (WEICKERT 1913, p.5).
  22. Secondo Deichmann (DEICHMANN 1956am p.67) esistono differenze, anche di proporzioni, tra le diverse parti della trabeazione: il passaggio da forme naturalistiche ad un disegno decorativo astratto, visibile in particolare nei fregi d'acanto, implica una trascuratezza verso i dettagli, e dunque una maggiore facilità di variazioni nei motivi, considerati meno importanti della generale trama decorativa.
  23. DUYURAN 1958, fig.5; MÜLLER-WIENER 1977, fig.293; BARSANTI 1982, fig.4.
  24. NAUMANN 1976., figg. 10-12, tavv. 34,1-3, 35.
  25. La medesima resa è visibile anche negli sgusci e sulle freccette del kyma ionico, mentre l'astragalo compare con perline esageratamente allungate. Le particolarità osservate sembrano indicare una certa distanza, probabilmente anche cronologica, dagli architravi del primo gruppo e da quelli dei propilei della Santa Sofia teodosiana, ai quali sono tuttavia ricollegati (NAUMANN 1976, p.138).
  26. CORMACK 1990, pp.75-88, e in particolare p.84 per la datazione.
  27. Nota aggiunta non presente nell'articolo originario: P. PENSABENE, "Gli elementi marmorei della scena", in D. DE BERNARDI FERRERO, G. CIOTTA, P. PENSABENE (a cura di), Il teatro di Hierapolis di Frigia, De Ferrari editore, Genova 2007, fig.121. Pensabene (qui) nota come questa disarticolazione più che derivare da una incomprensione della logica del motivo, sia prodotto da un gusto differente
  28. L'avvio di un simile processo di scomponimento è avvertibile già nella decorazione di età romana, sia in Asia Minore (v. ad esempio il kyma lesbio trilobato che incornicia il lacunare negli architravi del teatro di Hierapolis, di età severiana, dove spesso il lobo superiore degli archetti viene troncato in luogo di chiudersi regolarmente, favorendo la scomposizione dell'elemento in due separati motivi, disposti quasi a parentesi: RITTI 1985, tav.12,c), sia in Palestina (TURNHEIM 1989: in particolare cfr. il kyma lesbio trilobato del tempio romano di Kedesh, p.128, tav.5) che a Gerasa, ad esempio nell'ordine superiore del ninfeo, o nei propilei del santuario di Artemide sulla via colonnata (LYTTELTON 1974, pp.244-246, figg.141, 143, 148), dove il fiore a tulipano è scomposto in due elementi arcuati, appena rigonfi superiormente a differenziare i petali dallo stelo.
  29. DEICHMANN 1956a, pp.67-68, figg.9-16
  30. DUYURAN 1958, fig.5; NAUMANN 1976, tav. 35,1-3.
  31. La forma della freccetta, con grande punta triangolare ed asta ridotta, si ritrova nelle trabeazioni di III secolo dell'Asia Minore, come ad esempio a Hierapolis, nel coronamento degli architravi del teatro (RITTI 1985, tavv. 14-16) o nel portico esterno ad arcate della Basilica dell'agorà (D'ANDRIA 1988, pp.53-54).
  32. NAUMANN 1976, tav.35,1-3
  33. GINOUVÉS 1969, pp.108-110, nn.643, 648, 1739, tavv.55,3-4, 56,1-4.
  34. GINOUVÉS 1969, pp.106-107, nn.649, 651, 660, 760, 1740, 1744, 1744a, 1776, 1777, 1782, 1788, tavv.53-54.
  35. Il kyma ionico con ovuli "a mandorla" e sgusci "a parentesi" sembra particolarmente diffuso anche in ambiente microasiatico: cfr. ad esempio l'echino dei capitelli ionici della fase "cristiana" del ninfeo di Laodicea (GINOUVÉS 1969, p.77, nn.318, 938, 1003, 1628 e 1628bis, tavv.33,4, 34,2-3, 35,3-4) o di quelli del lato sud del "portico di Tiberio" ad Afrodisia, ricostruito nel V secolo d.C. (cfr. DE CHAISEMARTIN 1989, p.32), dove inoltre il kyma ionico presenta le freccette rovesciate, o poste al centro al posto dell'ovulo, oppure ancora è sostituito da altra decorazione.
    Nella trabeazione della chiesa di San Giovanni di Studio, l'ovulo è ancora appena tronco superiormente (DEICHMANN 1956a, figg.17-18), mentre in San Polyeucto (MANGO SEVCENKO 1961, figg.5-14) il motivo arriverà ad essere radicalmente trasformato, con la vegetalizzazione di alcuni degli elementi costitutivi (cfr. DEICHMANN 1977-78, p.87 per la trasformazione del kyma ionico, influenzata da motivi sasanidi).
    La vegetalizzazione del motivo si ritrova anche a Roma, già in epoca flavia, come ad esempio lo sguscio, trasformato in una foglia concava che contiene l'ovulo nel tempio del Divo Vespasiano (DE ANGELI 1992, p.97, fig.100). Lo stesso avviene, più tardi anche in Africa (la cornice della palestra nelle Grandi Terme di Sud-Est, di età severiana, a Mactaris: MILELLA 1989, p.423, tav.II,2). In Siria, ad esempio a Palmira o a Baalbeck, si trovano invece kymatia ionici con l'elemento intermedio costituito da decorazioni vegetali diverse e variate (LYTTELTON 1974, p.70, tavv.77-78), ma anche da una lancetta a doppia punta (LYTTELTON 1974, tavv.165, 169), che prefigura la tendenza della decorazione ad assumere una forma "simmetrica", senza più distinzione tra alto e basso.
  36. GINOUVÉS 1969, p.120 ss., nn.1251, 1743 B, 1790bis, tavv.59,4, 60,1-3.
  37. I due gruppi di cornici appartengono ai tipi identificati come "7" e "7 bis", di cui il secondo, privo della sima, era stato identificato (GINOUVÉS 1969, p.120 ss) come copia sommaria del primo, che presenta invece un intaglio più accurato e manca invece della corona. Sembra vero invece il contrario: l'assenza della corona indica una più accentuata mancanza di interesse per l'organizzazione tettonica dell'elemento, mentre la sima può mancare già in epoca romana, ad esempio nei geisa orizzontali dei frontoni. Inoltre nel tipo "7 bis" la struttura del kyma lesbio trilobato è più chiaramente riconoscibile, sebbene gli elementi che lo compongono siano "ritagliati" dallo sfondo per mezzo di solchi di forellini di trapano, interrotti da trattini di risulta non eliminati, rendendo meno nitido il disegno.
  38. DEICHMANN 1956b, p.35.

Note bibliografiche

  • Sulla Santa Sofia teodosiana:
  • SCHNEIDER 1936.
    • DEICHMANN 1956, pp.56, 63 e ss., fig.5.
    • MÜLLER-WIENER 1977, p.84, fig.68.
    • KRAUTHEIMER 1983, pp.52 ss.
    • STRUBE 1984, , pp.22 ss.
  • Sul Forum Tauri:
    • VERZONE 1956.
    • DUYURAN 1958.
    • LAFONTAINE 1959-1960, p.370 (con bibliografia precedente)
    • BECATTI 1960, p.102.
    • KOSSWIG 1968, p.259 ss.
    • NAUMANN 1976.
    • MÜLLER-WIENER 1977, p.258 ss.
    • BARSANTI 1982, pp.421-422.
  • Su San Giovanni Studio:
    • DEICHMANN 1956a, p.69 ss., figg.17-18.
    • PESCHLOW 1982.
    • STRUBE 1984, p.20 ss.
    • THIEME 1985 (con bibliografia precedente).
  • Su San Polieucto:
    • DEICHMANN 1977-1978.
    • STRUBE 1984, cit., p.61 ss.
    • HARRISON 1989.
  • Sulla Santa Sofia giustinianea:
    • BLUTER 1985, pp.27-33:
  • Sul ninfeo di Caracalla di Laodicea al Lico:
    • GINOUVÉS 1969, pp.116-135.

Abbreviazioni bibliografiche

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Collegamenti esterni