Studi / Gli ordini architettonici

Da DecArch - Decorazione architettonica romana.
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In questa pagina della sezione Studi e ricerche si tratteggia molto sinteticamente l'evoluzione storica e il significato architettonico degli ordini classici e delle varie tipologie dei loro elementi costitutivi, con alcuni esempi.

Vedi anche la pagina sulle modanature
NB: I testi sono rielaborati a partire dalle pagine di Wikipedia citate all'inizio di ciascuna sezione. Spunti sono stati tratti anche da altre pagine della Categoria:Elementi architettonici


Ordine architettonico

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Ordine dorico.jpg
OrdineIonico.png
OrdineCorinzio.jpg
Nomenclatura dell'ordine dorico: 1 Timpano, 2 Acroterio, 3 Sima (sul geison obliquo del frontone), 4 Geison (geison orizzontale del frontone), 5 Mutulo con gutte, 7 Fregio, 8 Triglifo, 9 Metopa, 10 Regula, 11 Gutta, 12 Taenia, 13 Architrave, 14 Capitello, 15 Abaco, 16 Echino, 17 Fusto della colonna, 18 Scanalatura, 19 Stilobate Nomenclatura delle parti dell'ordine ionico: 1 Trabeazione, 2 Colonna, 3 Cornice, 4 Fregio, 5 Architrave, 6 Capitello, 7 Fusto, 8 Base, 9 Stilobate, 10 Stereobate Nomenclatura dell'ordine corinzio: 1 Timpano 2 Acroterio, 3 Sima con antefisse sul geison obliquo del frontone, 4 Geison orizzontale del frontone, 6 Dentelli, 7 Fregio, 13 Architrave, 14 Capitello, 17 Fusto, 18 Scanalatura, 19 Stilobate, 20 Voluta, 22 Foglia d'acanto, 23 Base, 24 Tori


A seconda principalmente del tipo di capitello, gli ordini si distinguono in ordine dorico, ionico e corinzio in Grecia, con l'aggiunta dell'ordine tuscanico e dell'ordine composito a Roma.

Il dorico e lo ionico furono sviluppati a partire dalle origini dell'architettura greca, al momento delle prime realizzazioni in pietra, e si diffusero già dal VI secolo a.C., con una prevalenza del dorico nella Grecia continentale e nelle colonie della Magna Grecia e dello ionico nelle città greche dell'Asia Minore. Qui in epoca molto arcaica (seconda metà del VII secolo a.C.) si era sviluppato un capitello detto eolico, costituito da due grandi volute sorgenti da corolle di foglie (se ne conosce un esemplare proveniente da Neandria ed uno da Larissa).

Stampa con l'origine del capitello corinzio, dalla traduzione francese del De Architectura di Vitruvio di Claude Perrault nel 1684

Il primo esempio di capitello corinzio risale al IV secolo a.C. nel tempio di Apollo a Bassae. Secondo la tradizione l'inventore fu l'architetto Callimaco, che passeggiando vide un cesto depositato come offerta votiva su una tomba di una giovane e coperto da una lastra quadrangolare, intorno al quale era cresciuta una pianta di acanto, dal quale prese ispirazione per lo schema decorativo del nuovo capitello.

Il tuscanico rappresenta invece una variante locale italica del dorico, mentre l'ordine composito fu una creazione romana dell'epoca di Augusto, in particolare per quanto riguarda il capitello, che riuniva le caratteristiche dello ionico e del corinzio.

Il sistema degli ordini architettonici è la formalizzazione dal punto di vista decorativo del sistema costruttivo su cui si basa l'architettura greca, il "sistema trilitico" (ossia, letteralmente, "a tre pietre": due sostegni verticali ed un elemento orizzontale che copre lo spazio tra i due). L'essenza stessa dell'architettura greca si basa sull'equilibrio e l'armonia delle proporzioni delle parti, sia fra loro che con il tutto, che saranno formalizzate negli schemi dei diversi ordini architettonici di epoca classica, trovando sempre nuove realizzazioni in particolare negli edifici templari.

In epoca romana, a partire soprattutto dal II secolo a.C., l'architettura acquista altre caratteristiche, con un maggiore interesse all'articolazione degli spazi interni, resa possibile dalla duttile tecnica costruttiva del cementizio. In questo caso gli ordini architettonici ereditati dalla tradizione greca ed ellenistica, costituiscono soprattutto un rivestimento decorativo, che spesso ha poco a che fare con la reale struttura portante dell'edificio, secondo modalità che si erano già andate sviluppando nell'architettura ellenistica. In questo contesto dunque acquista maggiore importanza la decorazione degli elementi architettonici piuttosto che il loro sistema proporzionale. Si capisce dunque come sia possibile sia l'invenzione di forme nuove, sia la mescolanza di elementi di ordini diversi: nell'architettura romana quest'uso, anch'esso iniziato in epoca ellenistica, è tutt'altro che raro.

L'abbandono del sistema trilitico, già svuotato del suo significato strutturale, avviene lentamente: nel III secolo d.C. , anche in grandi monumenti di committenza imperiale, invece che un architrave le colonne possono sorreggere delle arcate (tra i primi esempi i portici della piazza del Foro severiano a Leptis Magna, in Libia).

Sarà questo il sistema prevalentemente adottato per le colonne che dividono in navate le chiese della prima epoca medioevale a Roma, che spesso utilizzano per fusti, basi e capitelli, pezzi di reimpiego, mescolando tra loro, spesso per necessità ed economia, elementi di diversa origine, tipologie e misure.

In epoca rinascimentale, l'esigenza di un inquadramento razionalmente comprensibile dello spazio e delle superfici, fa rinascere l'interesse per gli ordini architettonici: gli elementi visibili degli edifici di Roma in rovina vengono disegnati e studiati dagli architetti, che ne ripropongono le forme nelle loro realizzazioni, badando nuovamente alle proporzioni. Da questo momento le tradizionali forme dell'architettura classica continueranno ad essere utilizzate, passando per l'esuberanza decorativa dello stile barocco, la ripresa formale del neoclassico, le mescolanze con forme artistiche di altra provenienza storica e geografica nell'ecclettismo degli inizi del Novecento.


Caratteristiche degli ordini architettonici canonici (di età romana)

Non solo il capitello, ma anche gli altri elementi dell'ordine presentano delle differenze a seconda dell'ordine di appertenenza.

  • Ordine dorico: Base mancante: il fusto della colonna poggia direttamente sul pavimento. Fusto scanalato dorico: le scanalature si incontrano formando un angolo vivo. Capitello dorico. Architrave non suddiviso in fasce e con guttae (o "gutte"), ossia piccoli elementi a forma di tronco di cono, al di sotto della fascia sporgente che funge da coronamento (taenia). Fregio suddiviso in metope e triglifi. Cornice con soffitto decorato con mutuli ornati da più file di guttae e priva di dentelli.
  • Ordine tuscanico: Base presente: il tipo propriamente tuscanico è costituito da un semplice "toro", o modanatura con profilo a semicerchio convesso. Fusto come nell'ordine dorico, oppure liscio (ma va ricordato che fusti che oggi sembrano lisci potevano avere in realtà in origine un rivestimento in stucco che riproduceva le scanalature, oggi scomparso). Capitello tuscanico. Architrave, fregio e cornice: teoricamente come nell'ordine dorico.
  • Ordine ionico: Base presente. Fusto scanalato con le scanalature separate da listelli. Capitello ionico. Architrave suddiviso in fasce, ciascuna leggermente sporgente rispetto a quella inferiore, e coronato superiormente da modanature. Fregio continuo. Cornice decorata con dentelli.
  • Ordine corinzio: Base, fusto, architrave, fregio e cornice: come nell'ordine ionico. Capitello corinzio.
  • Ordine composito:Base, fusto, architrave, fregio e cornice: come negli ordini ionico e corinzio. Capitello composito.

Nel medesimo periodo augusteo in cui fu elaborato il capitello composito, venne creato anche un nuovo tipo di base, con scozia raddoppiata, definita "base composita", che tuttavia venne utilizzata insieme alla più semplice "base attica" ad unica scozia, sia con l'ordine corinzio che con quello composito. Sempre ad epoca augustea si deve la definizione della forma canonica della cornice con mensole, con il soffitto sorretto da mensole (o modiglioni), derivata da esempi ellenistici di vario genere.

Trabeazione

Vedi voce "Trabeazione" su Wikipedia


Trabeazione sporgente sulle "Colonnacce" del Foro di Nerva a Roma
Ricco e articolato movimento nella trabeazione della scena del teatro di Sabratha (età severiana)
Arco siriaco (inserito all'interno di un frontone) nel tempio di Adriano ad Efeso

La trabeazione costituisce la parte orizzontale del sistema trilitico negli ordini architettonici dell'architettura greco-romana. È costituita da architrave, fregio e cornice e poggia sopra i sostegni verticali (colonne o pilastri). I suoi diversi elementi sono costituiti in genere da blocchi separati, sovrapposti gli uni agli altri; nell'architettura romana spesso fregio e architrave sono intagliati in un unico blocco ("fregio-architrave").

Negli ordini applicati a parete (sostenuti da lesene o paraste, o anche da semicolonne), non è costituita da blocchi, ma piuttosto da lastre di rivestimento applicate alla parete in muratura, che riprendono le medesime partizioni e decorazioni presenti negli ordini liberi e possono essere di maggiore o minore spessore, senza tuttavia svolgere una vera funzione portante, ma inserendosi piuttosto nel contesto della decorazione e rivestimento parietali.

Nel caso degli ordini applicati o di ordini autonomi ma appena staccati dalla parete, in funzione soprattutto decorativa, la trabeazione può anche assumere un andamento più articolato, correndo nell'intercolumnio tra una colonna e l'altra a filo del muro retrostante e sporgendo solo in corrispondenza dei sostegni liberi. A questi casi ci si può riferire parlando di "trabeazione sporgente". Quest'uso è presente nell'architettura ellenistica e nell'architettura romana, dove gli ordini tendono ad assumere un significato prevalentemente decorativo. Le diverse combinazioni e alternanze di tratti sporgenti e rientranti, diritti o curvilinei della trabeazione arricchiscono la decorazione delle facciate monumentali con ritmi variati e edicole variamente alternate.

Altre variazioni, introdotte nell'architettura ellenistica e diffuse soprattutto in epoca imperiale romana, sono costituite dall'inserimento di frontoni di varie forme, o di archi con trabeazione curvilinea su alcuni degli intercolumni.

Cornice

Vedi voce "Cornice" su Wikipedia. Vedi anche la parte della Guida sulle cornici


La cornice è l'elemento superiore della trabeazione. Trae origine dalla necessità di avere un elemento aggettante come terminazione superiore degli edifici (geison), che allontani l'acqua piovana dalle strutture portanti: per questo la sua forma è caratterizzata fin dalle origini da una netta sporgenza (chiamata "soffitto" della cornice; il suo lato anteriore prende il nome di "corona"). Al di sopra corre la "sima" che ospita i gocciolatoi per lo scarico dell'acqua, sormontata dalle antefisse, la terminazione decorata dei coppi della copertura del tetto.

Sul lato anteriore del tempio la cornice forma il frontone: si divide in una parte con andamento obliquo, che segue l'inclinazione degli spioventi del tetto ("geison obliquo") ed è sormontata dalla sima, e in una parte orizzontale ("geison orizzontale") , priva di sima, che prosegue orizzontalmente sulla trabeazione delle colonne frontali.

In epoca arcaica la sima e le antefisse sono realizzate in terracotta, con decorazioni dipinte o anche raffigurazioni plastiche: quest'arte coroplastica prosegue in Italia, sia nelle aree etrusche che in quelle della Magna Grecia, anche in epoche successive.

Nell'ordine dorico il soffitto della cornice è ornato da una serie di placche rettangolari ("mutuli"), che tendono a riprendere il medesimo ritmo dell'alternanza di metope e triglifi nel sottostante fregio e sono ornati da più file di piccole bozze troncoconiche (guttae o "gutte"). La cornice ionica, utilizzata poi anche nell'ordine corinzio, è invece caratterizzata da un soffitto piano, dotato di un peduncolo sporgente, e dalla presenza dei dentelli, a cui si aggiungono man mano sempre più numerose e riccamente decorate, anche altre modanature.

In epoca ellenistica la tradizionale suddivisione tra gli ordini architettonici si va perdendo e vengono create nuove forme miste di cornici con mutuli e contemporaneamente dentelli. Nell'architettura alessandrina viene elaborato un nuovo tipo di cornice, con decorazioni sul soffitto, che nell'architettura romana si svilupperà nella cornice con mensole. Queste assumono varie forme, fino all'introduzione, a partire dall'epoca augustea, di una canonica forma ad S, mentre in ambito orientale tendono maggiormente a una forma parallelepipeda.

Fregio

Vedi voce "Fregio" su Wikipedia. Vedi anche la parte della Guida sui fregi


Il fregio costituisce la parte intermedia della trabeazione, tra cornice e architrave. Nell'ordine dorico è costituito da una successione di "metope" (placche a chiusura degli spazi tra le travi della copertura) e triglifi (le testate delle travi, decorate con tre elementi verticali collegati da uno superiore orizzontale), che nel loro alternarsi seguivano il ritmo delle sottostanti colonne.

Uno dei maggiori problemi architettonici nei templi dorici ("conflitto angolare") fu costituito dall'esigenza che i triglifi fossero centrati sulle colonne (sulle quali le travi poggiavano) e che contemporaneamente il fregio non terminasse all'angolo con una mezza metopa: in epoca arcaica si allargò a questo scopo la metopa immediatamente precedente, anche suddividento questo necessario ampliamento tra due o più metope per renderlo meno evidente. In età classica invece il problema fu risolto avvicinando leggermente l'ultima colonna o le ultime due, ossia riducendo la larghezza degli ultimi intercolumni.

Nell'ordine ionico e poi corinzio, il fregio fu costituito da una fascia continua, decorata da rilievi spesso figurati, o con diversi motivi vegetali, ovvero lasciata liscia, oppure ancora recante un'iscrizione di dedica. In alcuni casi, già a partire dall'arte classica (per esempio nel tempio dell'Eretteo, sull'Acropoli di Atene), la fascia liscia del fregio poteva essere sottolineata dal diverso colore della pietra utilizzata per i blocchi.

In epoca imperiale romana sempre più frequentemente il fregio venne intagliato nel medesimo blocco dell'architrave. A volte la vera e propria decorazione era scolpita su lastre applicate sul blocco portante, come nel caso del tempio di Minerva nel Foro di Nerva, oppure queste erano in marmo colorato, come nel caso dell'arco di Costantino.

Nelle province orientali assunse spesso un profilo convesso, invece che piano.

Architrave

Vedi "Architrave" su Wikipedia. Vedi anche la parte della Guida sugli architravi


Nell'ordine dorico, l'architrave non è suddiviso in fasce e viene coronato superiormente da una taenia ("tenia"), uno spesso listello sporgente, il cui bordo inferiore è decorato a tratti, seguendo il medesimo ritmo dell'alternanza di metope e triglifi nel soprastante fregio con regulae ("regule"), ossia listarelle orizzontali, ornate da guttae ("gutte"), ossia piccoli elementi troncoconici disposti in fila. Le gutte sono state interpretate come la trasposizione in pietra delle teste dei chiodi che fissavano gli elementi lignei di cui la trabeazione era costituita nei più antichi edifici.

In epoca romana anche gli architravi dorici tendono ad essere suddivisi in due fasce, distinte da un semplice gradino, partecipando del gusto per la contaminazione di ordini diversi che si ritrova anche in altri elementi dell'ordine.

Nell'ordine ionico invece l'architrave era suddiviso in "fasce", due o tre, ciascuna leggermente rientrante e di altezza inferiore rispetto a quella soprastante, e coronato da modanature. L'architrave "ionico", a fasce, sarà quindi utilizzato anche per l'ordine corinzio e, in epoca romana, per quello composito. In età imperiale romana le fasce sono più frequentemente separate da modanature lisce o decorate, piuttosto che da un semplice gradino, e le loro proporzioni tendono a variare a seconda dello stile decorativo prevalente nelle diverse epoche.

Il coronamento dell'architrave è generalmente costituito a Roma e nelle province occidentali da un listello sovrapposto ad una modanatura a "gola rovescia" (in genere decorata con un "kyma lesbio"), mentre nelle province orientali, dove più viva è la tradizione greco-ellenistica, il coronamento tende ad essere costituito da una sequenza di modanature tra cui è quasi sempre presente l'"ovolo", spesso intagliato con un "kyma ionico".

Le modanature, sia quelle del coronamento, sia quelle di separazione tra le fasce, sono normalmente decorate: quando invece sono lisce, si parla di "architrave liscio". I casi in cui persino le fasce vengono decorate sono invece abbastanza rari (prevalentemente in epoca flavia).

Negli ordini liberi la superficie inferiore dell'architrave rimane visibile tra un capitello e l'altro e viene denominata "soffitto" dell'architrave. Negli architravi ionici tale superficie riceve spesso una decorazione, inserita in un pannello centrale ribassato, chiamato "lacunare". In alcuni casi la decorazione del lacunare occupa tutto lo spazio disponibile del soffitto: è per questo motivo che i suoi lati corti presentano a volte una rientranza ("occhiello"), destinata ad impedire che il sottostante fiore dell'abaco del capitello copra parte della decorazione.

Sostegni verticali

I sostegni verticali nel sistema trilitico trasmettono alla fondazione il carico della sovrastruttura. Negli ordini liberi possono essere colonne (a pianta circolare), o pilastri (a pianta quadrata, rettangolare o poligonale); negli ordini applicati a parete potranno essere semicolonne (o quarti di colonna agli angoli) oppure lesene (addossate alla parete) e paraste (inserite nella parete con solo una piccola parte sporgente). Esistono anche varie combinazioni di semicolonne addossate ai lati di un pilastro, intagliate nel medesimo blocco, che possono dare esiti variamente articolati; due semicolonne addossate ai due lati contigui di un pilastro quadrato, presenti già nell'architettura alessandrina, sono state a volte indicate come "pilastri a cuore".

Nell'architettura medioevale, e in particolare quella gotica, i sostegni possono assumere forme più complesse (pilastri polilobati o a fascio).

Capitello

Vedi Voce "Capitello" su Wikipedia. Vedi anche la parte della Guida sui capitelli


Il Capitello (dal latino capitellum) rappresenta l'elemento superiore dei sostegni degli ordini architettonici e nasce per mediare il passaggio tra la superficie curva del fusto della colonna e quella rettilinea dell'architrave. Questa funzione decorativa è stata risolta con diverse soluzioni formali, la più riuscita delle quali è probabilmente stata quella del capitello corinzio, che ha avuto nei secoli la maggior fortuna.

Capitello dorico

Il capitello dell'ordine dorico è costituito da tre elementi:

  • abaco (abacus) di forma parallelepipeda, a pianta quadrata, con la funzione di offrire una più ampia base d'appoggio alla trabeazione, riducendo la sollecitazione alla flessione cui l'architrave è sottoposto;
  • echino (echinus) di forma assimilabile ad un tronco di cono, con profilo ad ovolo, la cui funzione è qella di collegare la superficie dell'abaco a quella meno estesa del collarino. Alla base dell'echino si trovano tre sottili fasce sovrapposte (anuli), in origine in leggero rilievo, che avevano lo scopo di allontanare l'acqua piovana dalla superficie del fusto.
  • collarino, sotto gli anuli, che costituisce la parte superiore del fusto, dal quale è separato con una serie di incisioni a sezione triangolare (hypotrachelion)

Il profilo dell'echino fornisce indicazioni sulla datazione: nell'architettura greca di epoca arcaica esso era molto espanso e rigonfio, mentre durante l'epoca classica iniziò a subire un processo di rettificazione e rimpicciolimento, proseguito in età ellenistica e romana, con echini dalla curvatura appena accennata. (Vedi Il capitello dorico nella architettura greca nel VI e V secolo)

In età romana può capitare che l'echino e/o i lati dell'abaco siano ornati da modanature decorate o da una decorazione vegetale, e in questo caso avremo un capitello dorico "decorato".

Capitello tuscanico

Il capitello "tuscanico" costituisce una variante di quello dorico: in generale sono diverse le proporzioni e il profilo dell'echino, che può assumere forme maggiormente articolate (anche con profilo a gola, invece che a ovolo).

Capitello ionico

Nel capitello ionico, tra echino e abaco si inserisce un nastro, chiamato "canale delle volute", che si arrotola poi in grandi volute che scendono a ricoprire i lati dell'echino fino ad oltre il suo margine inferiore. Lo spazio angolare tra echino e volute viene riempito dall'introduzione di due semipalmette che si sovrappongono anch'esse all'echino. Anche in questo caso insieme al capitello vero e proprio è spesso intagliata la parte superiore del fusto, definita collarino.

Il capitello ionico per sua natura si presenta diversamente sui due lati principali e sui fianchi, dove le due volute dei lati opposti vengono collegate tra loro da un "pulvino" o "rocchetto" che si assottiglia al centro, spesso serrato da un "balteo". Esistono tuttavia capitelli ionici con quattro lati uguali, che vengono definiti "a quattro facce": in questo caso le volute si dispongono diagonalmente rispetto all'andamento dei lati dell'abaco.

Normalmente il capitello ionico presenta l'echino decorato da un kyma ionico (al quale si sovrappongono le semipalmette), ma è possibile la presenza anche di altri motivi decorativi. Anche il pulvino e il balteo sui fianchi sono decorati e, a volte anche il collarino e/o i lati dell'abaco. In certi periodi può essere presente una decorazione anche nel canale delle volute.

Se invece l'echino è liscio, con la sola presenza delle sagome per le semipalmette, il capitello ionico si definisce "liscio". Se la decorazione presenta degli elementi figurati, inseriti nella decorazione, il capitello ionico si definisce "figurato".

Una variante particolare di capitelli ionici, diffusa in Italia in età romana repubblicana e con caratteristiche fortemente locali nelle reciproche proporzioni dei vari elementi e nella decorazione, molto sporgente, viene definita capitello ionico "italico".

In epoca tarda dei capitelli ionici più schematici possono essere intagliati insieme alle imposte, i blocchi di forma trapezoidale per mezzo delle quali le arcate venivano sovrapposte ai colonnati (capitelli ionici "a imposta").

Capitello corinzio

Il capitello corinzio si compone di un kalathos troncoconico e con orlo appena ripiegato in fuori, a cui si sovrappone un abaco con i lati modanati e leggermente incurvati in pianta. Alla base, il kalathos è rivestito da due corone di otto foglie d'acanto con la cima ripiegata in fuori. Al di sopra delle foglie della prima corona nascono degli steli che prendono il nome di "caulicoli", da cui nascono a loro volta "calici" a due foglie d'acanto disposte di profilo, interna ed esterna. A sua volta dal calice si originano due steli a nastro che terminano avvolgendosi in spirale: uno rivolto verso l'interno, si appoggia sul kalathos al centro di ciascun lato (elice), mentre l'altro si dispone obliquamente sull'angolo (voluta), distaccandosi dal kalathos e sorreggendo gli spigoli dell'abaco. Infine, al di sopra della foglia centrale della seconda corona, spesso con la mediazione di un calicetto nasce uno stelo che termina in un fiore collocato al centro dei lati dell'abaco ("fiore dell'abaco").

Normalmente le foglie d'acanto e gli altri elementi decorativi sono intagliati nei particolari, ma a volte il capitello presenta solo le sagome lisce delle forme vegetali che rivestivano il kalathos, e in questo caso viene definito "a foglie lisce". Nella struttura del capitello sono altre volte inseriti degli elementi figurati, in parte anche alterandola, e allora il capitello corinzio si definisce "figurato". Anche i lati dell'abaco possono presentare modanature decorate.

Una variante, il capitello corinzio italico, diffuso in epoca romana repubblicana, si presentano privi di caulicoli e con fiore dell'abaco molto grande e sporgente, sceso sopra il kalathos. Una variante che si evolve in età romana nelle province orientali, il "capitello corinzio asiatico" presenta l'acanto a fogliette aguzze e segue una propria evoluzione formale.

Capitello composito

In età romana, forse partendo dai capitelli ionici italici a quattro facce, dotati di un collarino decorato da foglie d'acanto, si evolve il tipo composito di capitello, costituito da un kalathos rivestito da due corone di foglie d'acanto a cui si sovrappone un capitello ionico a quattro facce e ancora un abaco di tipo corinzio, con lati modanati e fiore centrale. L'articolazione de capitello corinzio è conservata solo per le due corone di foglie presenti alla base, mentre spesso lo spazio superiore del kalathos, non occupato da elici e volute, è riempito da due steli terminanti in rosette ("viticci fioriti").

Come nel caso del capitello corinzio, il capitello composito può presentarsi figurato o a foglie lisce o nel tipo asiatico.

Altre principali varianti

A partire dallo schema del capitello corinzio si introducono e sviluppano, in particolare per ordini di piccole dimensioni, varianti decorative più libere, caratterizzate dalla non esclusiva presenza dell'acanto, che vengono definite capitelli corinzieggianti. Alcuni schemi decorativi, maggiormente diffusi, sono quello "a lira", oppure quello "a calice centrale" o ancora quello "a doppia S".

Un ulteriore variante del capitello corinzio, sviluppatasi in ambiente attico e non molto frequente in occidente, è rappresentata dal capitello a calice, con il kalathos rivestito da baccellature e a volte con una sola corona di foglie d'acanto, privo degli altri elementi della decorazione vegetale.

Fusto

Vedi Voce "Fusto" su Wikipedia. Vedi anche la parte della Guida sui fusti


Il fusto è la parte più importante dei sostegni verticali. I rapporti dimensionali tra il diametro di base dei fusti delle colonne e la loro altezza furono definiti nei diversi ordini elaborati dall'architettura greca. Per dare maggiore slancio al fusto il suo diametro diminuiva leggermente verso l'alto ("rastremazione") e per dare un effetto di maggiore elasticità veniva realizzato un leggero rigonfiamento a circa un terzo dell'altezza (èntasis). Nei templi greci inoltre erano presenti diverse correzioni ottiche, con leggere inclinazioni verso l'interno e variazioni nella larghezza degli intercolumni, studiate per ottenere un effetto di maggiore armonia e equilibrio.

I fusti possono essere intagliati in un solo blocco di pietra ("fusti monolitici"), oppure suddivisi in più blocchi sovrapposti, che prendono il nome di "rocchi" per le colonne.

Possono presentarsi percorsi da scanalature verticali (in genere 20 o 24 sulla circonferenza dei fusti di colonna). Le scanalature si possono incontrare a spigolo vivo (fusti dell'ordine dorico) o con la mediazione di un listello (fusti degli ordini ionico e corinzio). Un fusto con le scanalature viene detto "fusto scanalato". Quando le scanalature sono "riempite" nel terzo inferiore dell'intera altezza, il fusto viene detto "fusto rudentato". Il riempimento può essere costituito da una superficie piatta o leggermente convessa, che termina superiormente nella parte non riempita con un gradino o con una breve superficie obliqua, qualche volta convessa.

Non sempre i fusti delle colonne presentano le scanalature: in particolare i fusti in marmi colorati possono presentarsi lisci ("fusto liscio"). Questo accade in particolare per i fusti in granito o in porfido, utilizzati in epoca imperiale romana, anche a causa della maggiore difficoltà di lavorazione di questo materiale.

Le scanalature sui fusti possono essere, oltre che verticali e rettiline, anche a spirale intorno al fusto stesso ("fusti scanalati a spirale"); esistono persino casi (teatro di Hierapolis in Frigia, nell'attuale Turchia, datato agli inizi del III secolo) in cui si presentano ondulate lungo l'intera l'altezza del fusto.

Infine i fusti possono presentarsi decorati invece che da scanalature da vari tipi di ornamenti (elementi vegetali che rappresentati come avvolti intorno al fusto stesso o fasce orizzontali con vari motivi).

Il fusto di colonna inoltre può non essere diritto, ma avvolgersi su se stesso verso l'alto ("fusto tortile"): rari esempi si trovano anche nell'architettura romana tardoantica, ma la diffusione dei fusti tortili si ebbe soprattutto nell'architettura barocca e celebri solo i fusti tortili, decorati con tralci di vite, del baldacchino sopra l'altare maggiore della Basilica di San Pietro in Vaticano, opera di Gian Lorenzo Bernini.

In epoca medioevale sono frequenti, nella decorazione dei chiostri o delle bifore e trifore, anche colonnine con "fusti binati", ossia raddoppiati, e in alcuni casi costituite da due o tre elementi cilindrici intrecciati. Infine sono presenti casi di colonnine costituite da due o più fusti, che scolpiti in un blocco unico, sono rappresentati come fossero delle corde formanti un nodo, negando completamente all'apparenza la loro funzione portante (come nell'abbazia di Chiaravalle).

Base

Vedi Voce "Base" su Wikipedia. Vedi anche parte della guida sulle basi

Costituisce l'lemento inferiore degli ordini architettonici, sul quale poggia il fusto, e nasce nell'ambito dell'architettura greca: nell'ordine dorico era del tutto mancante, e inizia a comparire nei templi ionici dell' Asia Minore nel VI secolo a.C., isolando il fusto della colonna dallo stilobate: inizialmente si tratta di semplici "tori", ma gli elementi che la compongono tendono quindi a moltiplicarsi, come nell'Artemision di Efeso, con due scotiae (scozie) sormontate da un toro. Nell'evoluzione dell'ordine ionico che si ebbe quindi in Attica, la base assunse una forma canonica con due tori separati da una scozia (come quelle che si possono vedere nell'Eretteo sull'acropoli di Atene, del V secolo a.C.): questa forma, diffusa successivamente anche nell'architettura romana e adottata anche per l'ordine corinzio e poi per quello composito, prende il nome di "base attica".

A Roma, in particolare a partire dall'età augustea, si ebbe una nuova forma canonica di base, caratterizzata dal raddoppio della scozia tra i due tori, che prenderà il nome di "base composita".

Inizialmente nell'architettura romana le basi furono intagliate separatamente dal loro "plinto", il lastrone quadrato su cui poggiano, che in alcuni casi era costituito dal blocco di fondazione, appena emergente rispetto alla pavimentazione. Erano invece intagliate insieme all'imoscapo (estremità inferiore) del fusto. La forma più diffusa in epoca imperiale, già a partire dall'epoca augustea, vede invece basi intagliate insieme al plinto e separatamente dal fusto

In alcuni casi le modanature generalmente lisce della base potevano essere invece decorate (si parla in questo caso di "base decorata")

In epoca tardo-imperiale le basi potevano poggiare su un "piedistallo", che rialzava l'altezza delle colonne senza necessità di alterare le proporzioni del fusto. Nella più antica architettura bizantina quest'uso diventa sempre più frequente: le basi hanno dimensioni sempre più ridotte e in molti casi sono intagliate nello stesso blocco del piedistallo stesso.

Nel medioevo, quando spesso gli elementi architettonici romani vengono reimpiegati in nuove costruzioni, come per i colonnati di moltissime delle chiese della stessa Roma, si utilizzarono al di sotto dei fusti, sia basi più antiche, spesso adattate alle necessità del nuovo edificio, oppure altri elementi architettonici (come per esempio capitelli rovesciati), oppure ancora nulla del tutto, a seconda dei blocchi che si avevano a disposizione. Successivamente la riscoperta dell'architettura antica, e in particolare degli ordini architettonici classici nel Rinascimento, porterà ad un nuovo impiego di basi simili a quelle di epoca romana.

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