Barcino en época alto imperial: la decoración arquitectónica

Da DecArch - Decorazione architettonica romana.
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A. GARRIDO ELENA, Arquitectura y urbanismo de Barcino en época alto imperial: la decoración arquitectónica de edificios públicos y privados, Tarragona 2011
Tesi di dottorato presso Institut catalá d'arqueologia clássica e Universitat autónoma de Barcelona, testo on line in formato .pdf scaricabile da questa pagina


La tesi di dottorato cataloga gli elementi architettonici di Barcino (Barcellona), custoditi nei musei della città (Museu d'història de Barcelona, Museu d'arqueologia de Catalunya e Museu diocesà de Barcelona), per lo più di provenienza sporadica.

Al catalogo segue uno studio tipologico e stilistico sulle diverse tipologie. Sono elencati:

  • basi e capitelli tuscanici e basi attiche;
  • fusti lisci o scanalati: questi ultimi comprendono sia la tipologia locale con listelli spessi e scanalature larghe in minor numero (acanalados), alcuni dei quali con segmenti lisci (semiacanalados), o talvolta rudentati (con contracanales) e fusti scanalati di tipo romano urbano (estriados);
  • capitelli ionici, canonici o a quattro facce ('diagonales);
  • capitelli corinzi, italici, canonici, asiatici, a foglie lisce;
  • capitelli compositi e corinzieggianti;
  • architravi a una, due o tre fasce;
  • fregi dorici, a girali o a ghirlande;
  • cornici lisce, con dentelli, con mensole, con soffitto;
  • acroteri;
  • modanature di zoccolo e di coronamento;
  • pulvini;
  • cippi funerari e angoli di recinti funerari.

I materiali provengono dal centro monumentale (tempio e foro), da complessi termali (terme marittime e terme di piazza Sant Miquel), da monumenti funerari (ad altare, a torre o a recinto funerario) e dall'architettura domestica.

Riassunto delle conclusioni

Gli elementi sono realizzati per la maggior parte in pietra di Montjuïc e la lavorazione fu probabilmente opera di maestranze locali o di botteghe itineranti di Tarraco (Tarragona) o della stessa Barcino. Nella prima età giulio-claudia furono importati blocchi di marmo lunense.

Nel tempio di culto imperiale i capitelli corinzi secondo-triumvirali sono influenzati dalle realizzazioni della Gallia Narbonense. Tra gli elementi sporadici esiste anche un capitello realizzato dall'officina che aveva lavorato al teatro di Tarragona (n.241), mentre un altro esemplare ha confronti molto vicini con modelli urbani (n.240, forse appartenente alla basilica forense).

Esiste inoltre una produzione locale di capitelli corinzi italici, proseguita per tutto il l I secolo d.C.: in una prima fase mancano delle elici, come per due esemplari da un monumento funerario. I primi esemplari (nn.203-209)mancano delle elici e presentano foglie d'acanto con fogliette appuntite e allungate, attaccate al kalathos (questi sono onfrontabili con pezzi provenienti dall'anfiteatro di Tarraco, che probabilmente appartenevano ugualmente ad un monumento funerario che si trovava nell'area prima della costruzione dell'edificio pubblico). Un secondo gruppo prevede l'introduzione delle elici, mentre continuano a mancare caulicoli e calici; nella foglia d'acanto vengono ripresi inizialmente i modelli del Secondo triumvirato (nn.211-220), mentre in seguito vengono adottati i lobi "asimmetrici" del capitello corinzio canonico a partire dal modello del Foro di Augusto (nn.221-234). Questi capitelli sono stati rinvenuti in reimpiego nelle mura cittadine di seconda fase, insieme ad altri elementi degli ordini, e dovevano appartenere a monumenti funerari del tipo a cuspide.

Solo due capitelli di epoca giulio-claudia sono pienamente di tipo canonico (nn.242-243), mentre sono presenti esemplari canonici della fine del I - inizi del II secolo (nn.244-246) e del III secolo (nn.248 e 256). Tra la seconda metà del II e la prima metà del III è presente anche un capitello corinzio asiatico in marmo proconnesio, riutilizzato come fonte battesimale nella chiesa di Sant Martí de Provençais (n.247), capitelli corinzi a foglie lisce (n.250 della fine del II secolo e nn.252 e 253 del III secolo). I tre capitelli compositi sono del IV secolo e l'esemplare corinzieggiante forse del V secolo.

Attraverso l'esame sopra esposto dei capitelli conservati è dunque possibile individuare una prima fase di attività edilizia, con opere di carattere pubblico (mura, tempio, edifici del foro) e monumenti funerari del tipo a cuspide, concentrata nella prima metà del I secolo d.C. Conosciamo poco invece la decorazione architettonica di epoca successiva, nonostante la documentazione archeologica ci testimoni la floridezza della città: dela decorazione dei due impianti termali restano solo una base, un capitello corinzio a foglie lisce e un frammento di cornice per le terme marine e una base attica in marmo per le terme di piazza Sant Miquel).

Solo sedici pezzi sono in marmo (6 basi, 5 fusti, 3 capitelli, 1 cornice e 1 pulvino): l'uso inizia in epoca giulio-claudia (marmo lunense) e si diffonde maggiormente nel corso del II secolo. Sono presenti un fusto di giallo antico e alcuni fusti in granito. Gli altri elementi sono prevalentemente in tufo locale (pietra di Montjuïc) e alcuni esemplari sono in pietra calcarea.

I materiali provengono in gran parte da monumenti funerari i cui elementi vennero riutilizzati nelle mura ricostruite nella prima metà del IV secolo e si riferiscono a tombe prevalentemente di epoca giulio-claudia (forse quelle più vicine alle mura in quanto più antiche).

Osservazioni e domande

Sembra interessante l'uso dei fusti scanalati con numero minore di scanalature, che dunque sono proporzionalmente più ampie e con listelli di separazione anch'essi più ampi. Si tratta evidentemente di una caratteristica locale, che credo piuttosto diffusa nelle province iberiche (vedi ad esempio il tempio romano di Évora). Le modalità di ritrovamento degli elementi architettonici conservati, molti provenienti dal reimpiego nella ricostruzione di IV secolo delle mura e da architetture di carattere privato (monumenti funerari di I secolo d.C.), rendono probabilmente leggermente distorto il quadro complessivo, ma si tratta della tipologia di gran lunga più frequente tra i fusti scanalati. Sarebbe interessante cercare di determinare da dove provenga questo gusto locale e quali analogie possa trovare nelle realizzazioni nelle province galliche o dell'Italia repubblicana[1] (?)

La presenza di numerosi esemplari di produzione locale, riferiti ai monumenti funerari cittadini, sembra rendere possibile una definizione delle caratteristiche del gusto locale. La decorazione architettonica del tempio, influenzata dalle realizzazioni narbonensi (capitelli secondo-triumvirali e cornici con mensole) e datata al momento della fondazione della colonia (10 a.C. circa), dovette probabilmente rappresentare un modello per le opere successive. Nonostante questo in alcuni casi i capitelli corinzi provenienti dai monumenti funerari sembrano presentare numerosi elementi derivati dal modello di capitello corinzio italico, come la mancanza di caulicoli e calici e la grandezza del fiore dell'abaco. In altri casi, che adottano modelli più aggiornati, restano invece elementi ripresi dal modello secondo triumvirale, come la presenza di un fiore nello spazio libero tra elici e volute, sebbene questo sia ormai considerevolmente ridotto[2].

Un evoluzione per qualche verso simile si manifesta nelle basi: i capitelli mantengono alcune caratteristiche più antiche pur seguendo l'evoluzione del modello della foglia d'acanto, mentre le basi restano a lungo senza plinto, pur con una scozia più sviluppata invece che stretta e ridotta a solco come nel modello repubblicano.

Un unicum nel panorama della decorazione architettonica di Barcino sembra la piccola cornice ionica, con soffitto decorato, realizzata in marmo lunense e datata in epoca flavia (n.328). Rappresenta uno dei pochi elementi marmorei rinvenuti e non rappresenta probabilmente l'opera di maestranze cittadine[3].

Per le modalità di trasmissione dei modelli in epoca tarda sembra interessante il confronto tra i capitelli compositi n.253 e 254, entrambi datati genericamente al IV secolo, di cui il secondo sembra una copia del primo con diverse incomprensioni e semplificazioni[4].

Di un certo interesse è anche il capitello n.255, datato al III secolo, con le due corone che occupano gran parte del kalathos, ma con piccolo calice da cui nascono le elici lavorate completamente a giorno (come probabilmente le volute, oggi mancanti: particolarissima sembra la presenza tra l'orlo del kalathos e l'abaco di un echino liscio sagomato a ovolo, che richiama la parte ionica di un capitello composito, nel quale tuttavia le volute ioniche sarebbe sostituite dalle spirali di elici e volute che si sovrapporrebbero all'echino[5].

Altre osservazioni sparse riguardano il n.286 (descritto come un fregio e datato in epoca giulio-claudia[6], ma forse pertinente ad un lacunare di architrave e che forse potrebbe essere confrontabile con alcuni lacunari tardi del museo di Mérida), il fregio con ghirlande e maschere n.291 (datato entro il I secolo d.C., ma che forse potrebbe essere più tardo, in particolare per la resa della ghirlanda,con solchi di trapano che definiscono le forme dei singoli componenti nel volume tubolare fortemente sporgente)


Note

  1. A questo proposito sarebbe interessante forse esplorare il rapporto di alcuni esemplari con la decorazione architettonica di ambito punico, come per il capitello n.195, descritto come capitello ionico, sembra piuttosto, a causa delle volute nascenti dal basso, con il capitello "proto-eolico" orientale, o per il capitello ionico n.194, privo di canale delle volute (
  2. Un esempio è il capitello n.240, con i caulicoli scanalati a spirale come nel modello del Foro di Augusto, che però conserva il fiorellino tra elici e volute e presenta intagliato nel medesimo blocco il tondino del sommoscapo del fusto, decorato con un astragalo a fusarole e perline.
  3. Vedi pagina 299.
  4. . Vedi pagina 256.
  5. Vedi pagina 259.
  6. Vedi pagina 283.