Differenze tra le versioni di "Preaeneste:elementi di decorazione architettonica e altre sculture del Museo"

Da DecArch - Decorazione architettonica romana.
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<small>Avvertenza: il testo qui pubblicato non ha le caratteristiche di uno studio scientifico: si tratta solo di impressioni e appunti su possibili spunti di ricerca. (visita del 29 agosto 2004)</small>
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* La visita nel Museo Archeologico Nazionale Prenestino inizia dalla sala dove sono raccolte le immagini della Fortuna rinvenute nel santuario e nei complessi cittadini. Spicca in particolare una statua femminile panneggiata, in marmo bigio, di dimensioni maggiori che il vero, ora mancante della testa e delle braccia, che dovevano essere intagliate a parte in marmo bianco. Il pannello del museo (leggibile sulla pagina web del piano (sala I)), ci informa che la scultura venne ritrovata nel complesso forense e la identifica, per il vestito scuro, con un'Iside, assimilata alla Fortuna (così riporta Coarelli).
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Immagini della scultura sono presenti in rete qui e qui.
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La datazione nel II sec. a.C., suscita tuttavia qualche perplessità (bisognerebbe approfondire le ragioni che hanno portato a proporla) anche in ragione della somiglianza che sembra di poter notare tra questa statua frammentaria ed altri esempi della media età imperiale, come l'Iside di Ostia (F.Zevi, scheda nel catalogo della Mostra sui Marmi colorati della Roma Imperiale,Roma 2002). Da appurare, inoltre, se l'uso di scolpire la figura con vesti in marmo colorato e parti nude in marmo bianco possa risalire così indietro nel tempo.
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Iside inoltre non sembra rappresentare l'unico soggetto attestato per sculture in marmo bigio, come mostra la Menade dalle terme di Caracalla ora a Palermo, pubblicata sempre nel catalogo della mostra) e si potrebbe ugualmente pernsare alla raffigurazione di un personaggio della casa imperiale, eventualmente assimilato alla divinità: a questo proposito la scultura di Praeneste potrebbe essere confrontata con la Matidia dal teatro romano di Sessa Aurunca (dopo la mostra sui Marmi Colorati esposta nella mostra su "Adriano, le memorie al femminile", a Tivoli), che tuttavia presenta un panneggio più mosso e ricco rispetto agli altri esempi.
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* Nella centrale sala IV di questo piano, ai lati della celebre Triade Capitolina, sono esposti due fusti di colonna in marmo africano con scanalature doriche di piccole dimensioni, che avrebbero potuto essere pertinenti ad un'edicola.
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Un'immagine della colonna si intravede qui.
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* Davanti, nell'atrio di ingresso, presso gli armadietti per depositare le borse, si trova, a terra, un capitello corinzieggiante, forse in marmo, con forme ancora organiche, ma ideazione e resa che sembrano poco raffinate, di difficile datazione.
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* Nella sala V, dedicata all'età augustea, si trova un basamento triangolare per un candelabro con una raffinata decorazione a vaso centrale e girali raddoppiate che si dipartono da sileni alati (?) sugli angoli. Da notare l'invenzione dell'ala della figura mitologica, che si arrotola a formare quasi una delle girali, richiamando la terminazione a foglia dell'ala dei Pegasi nei capitelli del tempio di Marte Ultore.
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Un'immagine del basamento si trova in rete qui.
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* Un altare dedicato al Divo Augusto presenta cornucopie angolari che sorreggono ghirlande molto ricche e chiaroscurate, con una resa piuttosto raffinata (alcuni elementi vegetali si perdono a bassissimo rilievo sullo sfondo dietro la girale, che invece sporge in modo accentuato). Sarebbe interessante un confronto con le ghirlande del fregio con fanciulle attribuito all'Aula del Colosso nel Foro di Augusto.
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Il basamento è incorniciato superiormente e inferiormente da semplici modanature lisce e presenta sul dado ampie superfici lisce a contrasto con gli elementi decorativi fortemente chiaroscurati e sporgenti. Sui lati e sul retro sono presenti al centro strumenti sacrificali, mentre sulla fronte un clipeo profondamente incavato ospita un busto dell'imperatore divinizzato, con diadema, probabilmente metallico, che doveva essere aggiunto a parte.
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* Nella sala VI, dedicata all'epoca imperiale, si trova un rilievo raffigurante il trionfo di Traiano (probabilmente quello postumo sui Parti), mancante della parte destra. La scena figurata è rappresentata con i modi dell'"arte plebea": allineamento paratattico delle figure, prospettiva resa ingenuamente, figure di dimensioni commisurate alla loro importanza e non alle proporzioni reali.
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Un'immagine del rilievo si trova in rete qui.
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Il rilievo termina a sinistra con una breve superficie liscia, vuota, prima della ricca incorniciatura che doveva circondarlo su quattro lati; la superficie inferiore di appoggio delle figure, sporgente dal fondo, termina ugualmente prima dell'incorniciatura con un taglio obliquo.
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Le modanature dell'incorniciatura cominciano, a partire dall'esterno, con un piccolo fregio a girali animate, utilizzato in funzione di modanatura decorata, dove tori, leoni, cavalli, cerbiatti, in corsa sono avvolti ciascuno dall'estremità del tralcio di una delle girali. L'andamento della corsa, degli animali segue quello orizzontale e verticale dell'incorniciatura, ma in modo molto naturale, non rigido, con l'intermezzo di figure rampanti. Le girali nascono da un cespo d'acanto che doveva trovarsi al centro del lato superiore: ciò permetterebbe di ricostruire la larghezza complessiva originale del rilievo, e sembrerebbe pertanto indicare che a destra manchi quasi solo l'incorniciatura, mentre la scena figurata dovrebbe considerarsi quasi completa (a differenza della ricostruzione proposta sul pannello del museo). Il motivo decorativo del piccolo fregio si presenta fortemente chiaroscurato, con il fondo che va incavandosi dietro le figure e i tralci vegetali, con un marcato andamento concavo.
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Alle girali segue un listello sottile e accentuatamente sporgente, un kyma lesbio trilobato molto simile a quello presente sul tempio di Venere Genitrice nel Foro di Cesare (solo il nastro degli archetti sembra appena più appiattito, ma sembrano invece corrispondere la scelta e l'alternanza dei motivi pendenti interni agli archetti), e infine un astragalo a fusarole e perline, con fusarole della tipica forma "a cappelletto". Anche queste modanature decorate presentano accentuato chiaroscuro e il fondo incavato dietro gli elementi decorativi, secondo modalità tipiche della decorazione tardo-flavia, che continua in epoca traianea, malgrado le innovazioni introdotte nel cantiere del Foro di Traiano.
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* La sala VIII presenta un fregio-architrave con scena (molto rovinata) di battaglia nel fregio. L'architrave con profilo piuttosto appiattito (la gola rovescia del coronamento presenta un andamento quasi perfettamente verticale) ha una struttura poco canonica, che ricorda quella dell'architrave interno della cella dal tempio di Apollo in circo.
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Il kyma lesbio continuo seminaturalistico presente sul coronamento mostra archetti con nastri appena concavi e margini sottolineati; l'elemento interno sembra trasformare la consueta foglia lanceolata in un piccolo calice liscio da cui emerge la cima di una foglia retrostante.
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Delle due fasce dell'architrave, quella inferiore, con superficie che superiormente termina a cavetto contro il gradino inferiore della fascia superiore, è decorata con baccellature, insolitamente strette e distanziate, con spazio interno riempito inferiormente per circa un terzo/un quarto dell'altezza. Il motivo delle baccellature è presente anche sulla fascia superiore dell'architrave della peristasi del tempio di Apollo in Circo.
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* Nel cortile del secondo piano sono conservati due acroteri angolari con maschere d'acanto da cui si dipartono girali, con foglie dai lobi distinti da solchi di trapano, con volumi massicci e disegno ancora organico: una datazione possibile sembrerebbe intorno agli inizi del III sec. d.C.
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* Su questo piano ci sono sale dedicate ai corredi tombali, con le celebri "ciste prenestine", e alla serie di cippi e segnacoli per tombe, tra cui quelli tipici, a forma di pigna liscia, sorretti spesso da basi decorate con acanto dalle forme ancora tardo-repubblicane.
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Un'immagine di alcuni esemplari compare in rete qui.
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* La sala XII centrale conserva alle pareti un mosaico tardo repubblicano con tessere in cotto,in selce e in calcare (rosso, bianco e nero).
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Immagini del mosaico sono presenti in rete qui e qui.
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* La sala XV, in fondo, è dedicata ai cospicui esempi della decorazione architettonica fittile, tra cui si distinguono una sima invece in bronzo, decorata con baccellature, e altri frammenti con decorazioni vegetali dello stesso materiale.
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* Al terzo piano, nella sala XVI, quella del celebre mosaico nilotico, si trova il plastico ricostruttivo del santuario, mentre a terra si notano due capitelli dorici con forme canoniche e sommoscapo con fusto liscio, e un capitello corinzio di II-III d.C.
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* Nel criptoportico sono conservati numerosi frammenti della decorazione architettonica del santuario. A partire dall'estremità sinistra (guardando la facciata), incontriamo:
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**un frammento di "mensola decorata da un rilievo a seguito di riutilizzo", come recita la didascalia del museo. Nel caso, della mensola si conserverebbe parte dell'incorniciatura sul lato anteriore, con un grande kyma di foglie rovescie, piuttosto abraso, sormontato da un listello, e sotto una decorazione a foglie come frequentemente si trova a decorare il rocchetto della mensola sul lato anteriore. La mensola vera e propria sarebbe invece stata eliminata per ottenere un rilievo, che ne rimpiazza l'originaria faccia inferiore, con tre figure ora acefale vestite con una corta tunica. Si tratta però di un'ipotesi che andrebbe verificata: la mensola, a giudicare dalle dimensioni dell'incorniciatura, avrebbe dovuto essere di dimensioni notevoli, e le figure non sembrerebbero forse di epoca molto successiva a quella che potrebbe attribuirsi alla modanatura decorata. D'altra parte, se non si accettasse l'ipotesi della didascalia andrebbe spiegata la presenza di una modanatura intagliata sul "piano superiore" di un rilievo.
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**un piccolo fregio dorico in travertino, ad andamento concavo in pianta, che dovrebbe appartenere all'interno di un ambiente a pianta circolare.
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**un piccolo capitello composito con tralci vegetali nel canale delle volute che proseguono anche all'interno delle spirali e lunette tra gli sgusci del kyma ionico dell'echino, che dovrebbe appartenere alla seconda metà del II- III secolo d.C.
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**un capitello ionico, datato al III-IV secolo d.C. dalla didascalia del Museo, che presenta tuttavia una struttura ancora ben articolata. Sui fianchi al di sopra del rocchetto è presente una superficie liscia verticale; l'echino presenta un kyma ionico con spazi tra gli elementi non approfonditi, sgusci sottili e lancette libere come elementi intermedi; agli angoli si trovano semipalmette con lobi rigonfi dai margini sporgenti. La presenza di queste caratteristiche sembra indicare piuttosto un esemplare più antico e di resa poco raffinata, piuttosto che un'epoca tarda.
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**un fusto scanalato di colonna in marmo africano.
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**un lungo settore con iscrizione del fregio-architrave pertinente al colonnato corinzio del piazzale su questa terrazza del santuario (databile al II sec. a.C.). Dagli elementi ancora in situ all'estremità destra del criptoportico, gli elementi di architrave erano suddivisi in due blocchi, uno anteriore e uno posteriore (come per l'architrave della peristasi del tempio di Marte Ultore). Il fregio ionico liscio con iscrizione e l'architrave a due fasce separate da gradino presentano entrambi un coronamento con listello e gola rovescia: particolare il profilo di questa modanatura, con la curva inferiore che prosegue in una sorta di becco, sporgente quando il punto di partenza superiore.
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**di fronte, un piccolo fregio-architrave liscio in marmo proconnesio, con architrave a due fasce e coronamento costituito da uno spesso listello con cavetto sottostante (che sembrerebbe un listello con gola rovescia semplificati, con la curva superiore della gola non intagliata e fusa con il listello soprastante, come spesso accade in epoca tarda.
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**un bellissimo capitello corinzio italico proveniente dalla Basilica del Foro cittadino, in travertino, con foglie d'acanto molto plastiche, quasi fossero in terracotta. Le nervature della foglia sono rese con una serie di spigoli vivi che si sovrappongono gli uni agli altri e l'ottima conservazione permette di apprezzare la resa raffinata. Nella struttura della decorazione, da notare la foglia d'acanto che nasce dietro la foglia angolare della seconda corona e che accompagna le elici, che sembra quasi fusa in modo poco organico con la foglia sottostante. Da notare ancora l'iscrizione sul piano superiore (presente anche su altri capitelli conservati nell'area archeologica dell'"Antro delle sorti").
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      Capitello corinzio italico, Palestrina
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      Capitello corinzio italico di colonna, in travertino,
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      esemplare conservato nella Basilica (area archeologica dell' "Antro delle Sorti", presso la cattedrale).
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**un capitello corinzio asiatico in marmo bianco che sembrerebbe lunense, probabilmente ancora di pieno II secolo d.C. e forse, se l'identificazione del marmo è corretta, opera di imitazione di qualche officina locale. Una piccola foglia liscia è presente tra gli spigoli dell'abaco e le spirali delle volute e compaiono ancora i caulicoli con stelo stretto e liscio, e grande orlo sferico, da cui il calice nasce poco organicamente decentrato.
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**un capitello corinzio asiatico delle serie più tarde presenta l'abaco con un curioso andamento obliquo.
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**di fronte, a terra una "base tuscanica", con imoscapo del fusto, ovolo e gola diritta sopra il plinto, in travertino stuccato. Il fusto, ora liscio, si presentava in origine scanalato, con un suo rivestimento in stucco ancora conservato, mentre le scanalature sono state poi riempite nella fase di stuccatura a cui appartengono anche le modanature della base: si tratta forse di una rilavorazione di uno degli originali elementi del santuario in epoca post-antica.
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**accanto si trova un elemento di cornice ionica decorato su tre lati, che nella didascalia del museo viene denominato "parte di soffitto marmoreo da S.Cesareo", e datato al I secolo d.C. A partire dall'alto le modanature sono costituite da listello, sima a gola diritta decorata con un anthemion a tralci obliqui vegetalizzati e con palmette e calici pendenti. La corona è decorata da una successione di tralci ad S, tutti nello stesso senso, separati da elementi verticali e con spirali occupate da rosette. Il soffitto è decorato da baccellature prive di elemento intermedio e con doppia lunetta inferiore; negli spazi quadrati agli angoli sono presenti rosette a quattro petali. Il sottostante kyma ionico presenta larghe freccette e sgusci piatti e larghi. Seguono dentelli quadrati, piccoli in proporzione alle altre modanature e con sbarrette intermedie sullo stesso piano della superficie anteriore. Le modanature terminano inferiormente con un grande kyma di foglie rovesce. Me dimensioni proporzionalmente ridotte dei dentelli, e in particolare la resa delle palmette dell'anthemion, con i lobi "tubolari", sembrerebbero indicare un'epoca più tarda di quella attribuita.
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* All'estremità destra (in corrispondenza del moderno ascensore) restano due colonne e una lesena di testata, con relativa trabeazione, del portico corinzio.
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La base attica è priva di plinto, ma intagliata insieme all'imoscapo e presenta una scozia stretta e profonda. Le scanalature del fusto terminano inferiormente contro una breve superficie obliqua, mentre superiormente sono bruscamente troncate con una terminazione diritta anziché curvilinea, lasciando una breve superficie liscia prima dell'incurvarsi finale del fusto.
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Il capitello corinzio è di tipo "normale", con larghi caulicoli scanalati. Le foglie d'acanto presentano le nervature convesse, con strette concavità dei lobi, e zone d'ombra circolari tendenti ad una forma ovale. Una piccola foglia svolge la funzione del calicetto per lo stelo del fiore dell'abaco.
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La volta di copertura del portico, ancora in parte conservata, presenta ricavati nel cementizio dei cassettoni quadrangolari, con le modanature di incorniciatura disposte prospetticamente, ossia più larghe inferiormente e più strette superiormente.
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Come è noto, il Museo è ospitato nel palazzo Barberini, che sorge sopra i resti della parte superiore del santuario. Nelle sale sono visibili i pochi resti murari della tholos superiore e, al primo piano (piano di ingresso) tracce delle colonne scanalate, delle basi e della pavimentazione del doppio portico semicircolare corinzio che coronava la cavea teatrale. La facciata del palazzo, che ricalca la fronte di questo portico, conserva ancora gli elementi in travertino dello zoccolo e del coronamento del podio su cui questo si elevava, con semplici modanature lisce. La cavea tetrale svolge ora le funzioni di scenografica gradinata di accesso al palazzo.
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Immagine del plastico del santuario.
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La strada moderna, al livello del criptoportico, attraversa la grande terrazza superiore lungo il suo lato di fondo, che in origine era costituito da un settore centrale con arcate inquadrate da semicolonne ioniche, affiancato da doppi portici corinzi, con un ordine di maggiore altezza rispetto a quello delle semicolonne. All'interno del "criptoportico", che era stato trasformato in cisterna ed è ora stato sistemato come ambiente espositivo del museo, si sono già descritte le colonne e la trabeazione ancora in situ, che appartenevano alla fila di colonne interna, con capitelli corinzi "normali".
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Sulla facciata si conservano ancora settori della trabeazione e capitelli di semicolonne, sia ionico-talici, che corinzio-italici, oltre che fusti e basi.
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Dal lato opposto della strada si accede alla parte restante della terrazza superiore (con lo stesso biglietto di ingresso del Museo), dove il doppio portico corinzio proseguiva anche sui lati: restano pochi resti murari ed elementi di basi.
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Da qui, per mezzo dei resti della scalinata centrale, si scende ad una stretta terrazza su cui prospetta il muro di contenimento della terrazza superiore, in origine decorato da arcate alternate con nicchie ad edicola, inquadrate da semicolonne ioniche.
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Scendendo ancora si raggiunge la terrazza degli emicicli, di cui restano cospicui resti in particolare di quello di destra (guardando la facciata), che doveva essere il vero "antro delle sorti".
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Gli emicicli erano costituiti da un portico semianulare, con colonne ioniche (capitelli ionico-italici), coperto da una volta a botte e avevano un sedile lungo il muro di fondo. Gli altri tratti del lato di fondo avevano invece un portico dorico rettilineo.
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Nell'emiciclo di sinistra si conservano, inserite nella muratura che doveva fare da base al sedile, delle mensole in travertino a forma di S, decorate sui lati da nastri che si avvolgono in volute e da rosette, molto simili a quelle che decorano le metope del fregio dorico.
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Dal centro della terrazza degli emicicli si dipartono le due rampe che permettevano di salire al santuario, suddivise in una strada scoperta e in un portico dorico, di cui rimangono visibili solo alcuni tratti dello stilobate, inclinato ma con settori circolari dal piano orizzontale dove poggiavano le colonne. Si riporta che i capitelli dorici del portico presentavano l'abaco inclinato per accordarsi la trabeazione, il cui andamento doveva accompagnare la pendenza della rampa.
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Sulla terrazza ai piedi della rampa si conservano un elemento di architrave con lacunare a ghirlanda di foglie di quercia e un elemento di cornice (?) con un kyma di foglie, che sono probabilmente attribuibili al III sec.d.C., e inoltre un elemento di fregio-architrave dorico in travertino, probabilmente pertinente alla decorazione del santuario.
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Nella città, sul fianco della cattedrale, c'è l'accesso all'area archeologia dell' "Antro delle sorti", che veniva tradizionalmente considerata ancora parte del santuario, il suo settore inferiore, dove si svolgevano le funzioni oracolari. Si tratta invece probabilmente di un'area pubblica cittadina, forse la basilica forense. Le due aule absidate alle estremità una delle quali (a sinistra entrando), parzialmente scavata nella roccia, era stata identificata con il vero e proprio antro delle sorti, e conserva un mosaico con pesci. L'altra era decorata in origine con il mosaico nilotico oggi nel Museo. Entrambi i mosaici, come l'intera struttura, sono databili al II sec. a.C., nell'ambito della grande ristrutturazione urbana di cui fa parte anche la costruzione del santuario. Le due aule sono state riferite al culto di Iside e Serapide.
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Nello spazio si conservano diversi elementi architettonici, tra cui diversi esemplari di capitelli corinzio-italici (altri sono in situ sulle semicolonne applicate sulla parete di fondo, e altri ancora sono tuttora visibili sulla facciata del palazzo del Seminario, che aveva occupato l'edificio antico (all'epoca della visita in restauro).
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Esiste inoltre anche un capitello corinzio "normale", simile a quelli visti in opera nel criptoportico del museo, con grandi caulicoli scanalati e foglie d'acanto dalle nervature convesse, con zone d'ombra quasi circolari.
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Capitello corinzio normale, Palestrina
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Capitello corinzio "normale" di colonna, in travertino,
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esemplare conservato nella Basilica (area archeologica dell' "Antro delle Sorti", presso la cattedrale).
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Sempre alla stessa epoca dovrebbero appartenere gli elementi di fregio-architrave dorico, sempre in travertino, con metope decorate da rosette di vario tipo, e gli elementi di coronamento, forse pertinente ad un'edicola (è conservato almeno un elemento con modanature decorate su due lati adiacenti). Il coronamento presenta modanature con caratteri ancora ellenistici: il kyma ionico ha sgusci che si incavano a contenere l'ovulo, dal nastro sottile che gira anche nella parte inferiore e separati da lancette, pure molto sottili, strette tra gli sgusci. I dentelli sono stretti e allungati, separati da spazi ridotti, e il kyma lesbio trilobato presenta il fiore intermedio non completamente distinto dagli archetti, il cui nastro ne costituisce ancora in parte il contorno esterno.
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Coronamento, Palestrina
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Coronamento in travertino,
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esemplare conservato nella Basilica (area archeologica dell' "Antro delle Sorti", presso la cattedrale).
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Si segnala, infine, tra gli altri elementi architettonici presenti nell'area, un blocco di fregio-architrave in marmo, probabilmente databile nella seconda metà del II secolo, con fregio a girali (non ben conservato) e architrave a due fasce, separate da un piccolo kyma lesbio trilobato), coronato da un motivo a rosette incorniciate, kyma ionico e astragalo a fusarole e perline.

Versione delle 17:42, 3 dic 2008

Avvertenza: il testo qui pubblicato non ha le caratteristiche di uno studio scientifico: si tratta solo di impressioni e appunti su possibili spunti di ricerca. (visita del 29 agosto 2004)

  • La visita nel Museo Archeologico Nazionale Prenestino inizia dalla sala dove sono raccolte le immagini della Fortuna rinvenute nel santuario e nei complessi cittadini. Spicca in particolare una statua femminile panneggiata, in marmo bigio, di dimensioni maggiori che il vero, ora mancante della testa e delle braccia, che dovevano essere intagliate a parte in marmo bianco. Il pannello del museo (leggibile sulla pagina web del piano (sala I)), ci informa che la scultura venne ritrovata nel complesso forense e la identifica, per il vestito scuro, con un'Iside, assimilata alla Fortuna (così riporta Coarelli).

Immagini della scultura sono presenti in rete qui e qui.

La datazione nel II sec. a.C., suscita tuttavia qualche perplessità (bisognerebbe approfondire le ragioni che hanno portato a proporla) anche in ragione della somiglianza che sembra di poter notare tra questa statua frammentaria ed altri esempi della media età imperiale, come l'Iside di Ostia (F.Zevi, scheda nel catalogo della Mostra sui Marmi colorati della Roma Imperiale,Roma 2002). Da appurare, inoltre, se l'uso di scolpire la figura con vesti in marmo colorato e parti nude in marmo bianco possa risalire così indietro nel tempo.

Iside inoltre non sembra rappresentare l'unico soggetto attestato per sculture in marmo bigio, come mostra la Menade dalle terme di Caracalla ora a Palermo, pubblicata sempre nel catalogo della mostra) e si potrebbe ugualmente pernsare alla raffigurazione di un personaggio della casa imperiale, eventualmente assimilato alla divinità: a questo proposito la scultura di Praeneste potrebbe essere confrontata con la Matidia dal teatro romano di Sessa Aurunca (dopo la mostra sui Marmi Colorati esposta nella mostra su "Adriano, le memorie al femminile", a Tivoli), che tuttavia presenta un panneggio più mosso e ricco rispetto agli altri esempi.

  • Nella centrale sala IV di questo piano, ai lati della celebre Triade Capitolina, sono esposti due fusti di colonna in marmo africano con scanalature doriche di piccole dimensioni, che avrebbero potuto essere pertinenti ad un'edicola.

Un'immagine della colonna si intravede qui.

  • Davanti, nell'atrio di ingresso, presso gli armadietti per depositare le borse, si trova, a terra, un capitello corinzieggiante, forse in marmo, con forme ancora organiche, ma ideazione e resa che sembrano poco raffinate, di difficile datazione.
  • Nella sala V, dedicata all'età augustea, si trova un basamento triangolare per un candelabro con una raffinata decorazione a vaso centrale e girali raddoppiate che si dipartono da sileni alati (?) sugli angoli. Da notare l'invenzione dell'ala della figura mitologica, che si arrotola a formare quasi una delle girali, richiamando la terminazione a foglia dell'ala dei Pegasi nei capitelli del tempio di Marte Ultore.

Un'immagine del basamento si trova in rete qui.

  • Un altare dedicato al Divo Augusto presenta cornucopie angolari che sorreggono ghirlande molto ricche e chiaroscurate, con una resa piuttosto raffinata (alcuni elementi vegetali si perdono a bassissimo rilievo sullo sfondo dietro la girale, che invece sporge in modo accentuato). Sarebbe interessante un confronto con le ghirlande del fregio con fanciulle attribuito all'Aula del Colosso nel Foro di Augusto.

Il basamento è incorniciato superiormente e inferiormente da semplici modanature lisce e presenta sul dado ampie superfici lisce a contrasto con gli elementi decorativi fortemente chiaroscurati e sporgenti. Sui lati e sul retro sono presenti al centro strumenti sacrificali, mentre sulla fronte un clipeo profondamente incavato ospita un busto dell'imperatore divinizzato, con diadema, probabilmente metallico, che doveva essere aggiunto a parte.

  • Nella sala VI, dedicata all'epoca imperiale, si trova un rilievo raffigurante il trionfo di Traiano (probabilmente quello postumo sui Parti), mancante della parte destra. La scena figurata è rappresentata con i modi dell'"arte plebea": allineamento paratattico delle figure, prospettiva resa ingenuamente, figure di dimensioni commisurate alla loro importanza e non alle proporzioni reali.

Un'immagine del rilievo si trova in rete qui.

Il rilievo termina a sinistra con una breve superficie liscia, vuota, prima della ricca incorniciatura che doveva circondarlo su quattro lati; la superficie inferiore di appoggio delle figure, sporgente dal fondo, termina ugualmente prima dell'incorniciatura con un taglio obliquo.

Le modanature dell'incorniciatura cominciano, a partire dall'esterno, con un piccolo fregio a girali animate, utilizzato in funzione di modanatura decorata, dove tori, leoni, cavalli, cerbiatti, in corsa sono avvolti ciascuno dall'estremità del tralcio di una delle girali. L'andamento della corsa, degli animali segue quello orizzontale e verticale dell'incorniciatura, ma in modo molto naturale, non rigido, con l'intermezzo di figure rampanti. Le girali nascono da un cespo d'acanto che doveva trovarsi al centro del lato superiore: ciò permetterebbe di ricostruire la larghezza complessiva originale del rilievo, e sembrerebbe pertanto indicare che a destra manchi quasi solo l'incorniciatura, mentre la scena figurata dovrebbe considerarsi quasi completa (a differenza della ricostruzione proposta sul pannello del museo). Il motivo decorativo del piccolo fregio si presenta fortemente chiaroscurato, con il fondo che va incavandosi dietro le figure e i tralci vegetali, con un marcato andamento concavo.

Alle girali segue un listello sottile e accentuatamente sporgente, un kyma lesbio trilobato molto simile a quello presente sul tempio di Venere Genitrice nel Foro di Cesare (solo il nastro degli archetti sembra appena più appiattito, ma sembrano invece corrispondere la scelta e l'alternanza dei motivi pendenti interni agli archetti), e infine un astragalo a fusarole e perline, con fusarole della tipica forma "a cappelletto". Anche queste modanature decorate presentano accentuato chiaroscuro e il fondo incavato dietro gli elementi decorativi, secondo modalità tipiche della decorazione tardo-flavia, che continua in epoca traianea, malgrado le innovazioni introdotte nel cantiere del Foro di Traiano.

  • La sala VIII presenta un fregio-architrave con scena (molto rovinata) di battaglia nel fregio. L'architrave con profilo piuttosto appiattito (la gola rovescia del coronamento presenta un andamento quasi perfettamente verticale) ha una struttura poco canonica, che ricorda quella dell'architrave interno della cella dal tempio di Apollo in circo.

Il kyma lesbio continuo seminaturalistico presente sul coronamento mostra archetti con nastri appena concavi e margini sottolineati; l'elemento interno sembra trasformare la consueta foglia lanceolata in un piccolo calice liscio da cui emerge la cima di una foglia retrostante.

Delle due fasce dell'architrave, quella inferiore, con superficie che superiormente termina a cavetto contro il gradino inferiore della fascia superiore, è decorata con baccellature, insolitamente strette e distanziate, con spazio interno riempito inferiormente per circa un terzo/un quarto dell'altezza. Il motivo delle baccellature è presente anche sulla fascia superiore dell'architrave della peristasi del tempio di Apollo in Circo.

  • Nel cortile del secondo piano sono conservati due acroteri angolari con maschere d'acanto da cui si dipartono girali, con foglie dai lobi distinti da solchi di trapano, con volumi massicci e disegno ancora organico: una datazione possibile sembrerebbe intorno agli inizi del III sec. d.C.
  • Su questo piano ci sono sale dedicate ai corredi tombali, con le celebri "ciste prenestine", e alla serie di cippi e segnacoli per tombe, tra cui quelli tipici, a forma di pigna liscia, sorretti spesso da basi decorate con acanto dalle forme ancora tardo-repubblicane.

Un'immagine di alcuni esemplari compare in rete qui.

  • La sala XII centrale conserva alle pareti un mosaico tardo repubblicano con tessere in cotto,in selce e in calcare (rosso, bianco e nero).

Immagini del mosaico sono presenti in rete qui e qui.

  • La sala XV, in fondo, è dedicata ai cospicui esempi della decorazione architettonica fittile, tra cui si distinguono una sima invece in bronzo, decorata con baccellature, e altri frammenti con decorazioni vegetali dello stesso materiale.
  • Al terzo piano, nella sala XVI, quella del celebre mosaico nilotico, si trova il plastico ricostruttivo del santuario, mentre a terra si notano due capitelli dorici con forme canoniche e sommoscapo con fusto liscio, e un capitello corinzio di II-III d.C.
  • Nel criptoportico sono conservati numerosi frammenti della decorazione architettonica del santuario. A partire dall'estremità sinistra (guardando la facciata), incontriamo:
    • un frammento di "mensola decorata da un rilievo a seguito di riutilizzo", come recita la didascalia del museo. Nel caso, della mensola si conserverebbe parte dell'incorniciatura sul lato anteriore, con un grande kyma di foglie rovescie, piuttosto abraso, sormontato da un listello, e sotto una decorazione a foglie come frequentemente si trova a decorare il rocchetto della mensola sul lato anteriore. La mensola vera e propria sarebbe invece stata eliminata per ottenere un rilievo, che ne rimpiazza l'originaria faccia inferiore, con tre figure ora acefale vestite con una corta tunica. Si tratta però di un'ipotesi che andrebbe verificata: la mensola, a giudicare dalle dimensioni dell'incorniciatura, avrebbe dovuto essere di dimensioni notevoli, e le figure non sembrerebbero forse di epoca molto successiva a quella che potrebbe attribuirsi alla modanatura decorata. D'altra parte, se non si accettasse l'ipotesi della didascalia andrebbe spiegata la presenza di una modanatura intagliata sul "piano superiore" di un rilievo.
    • un piccolo fregio dorico in travertino, ad andamento concavo in pianta, che dovrebbe appartenere all'interno di un ambiente a pianta circolare.
    • un piccolo capitello composito con tralci vegetali nel canale delle volute che proseguono anche all'interno delle spirali e lunette tra gli sgusci del kyma ionico dell'echino, che dovrebbe appartenere alla seconda metà del II- III secolo d.C.
    • un capitello ionico, datato al III-IV secolo d.C. dalla didascalia del Museo, che presenta tuttavia una struttura ancora ben articolata. Sui fianchi al di sopra del rocchetto è presente una superficie liscia verticale; l'echino presenta un kyma ionico con spazi tra gli elementi non approfonditi, sgusci sottili e lancette libere come elementi intermedi; agli angoli si trovano semipalmette con lobi rigonfi dai margini sporgenti. La presenza di queste caratteristiche sembra indicare piuttosto un esemplare più antico e di resa poco raffinata, piuttosto che un'epoca tarda.
    • un fusto scanalato di colonna in marmo africano.
    • un lungo settore con iscrizione del fregio-architrave pertinente al colonnato corinzio del piazzale su questa terrazza del santuario (databile al II sec. a.C.). Dagli elementi ancora in situ all'estremità destra del criptoportico, gli elementi di architrave erano suddivisi in due blocchi, uno anteriore e uno posteriore (come per l'architrave della peristasi del tempio di Marte Ultore). Il fregio ionico liscio con iscrizione e l'architrave a due fasce separate da gradino presentano entrambi un coronamento con listello e gola rovescia: particolare il profilo di questa modanatura, con la curva inferiore che prosegue in una sorta di becco, sporgente quando il punto di partenza superiore.
    • di fronte, un piccolo fregio-architrave liscio in marmo proconnesio, con architrave a due fasce e coronamento costituito da uno spesso listello con cavetto sottostante (che sembrerebbe un listello con gola rovescia semplificati, con la curva superiore della gola non intagliata e fusa con il listello soprastante, come spesso accade in epoca tarda.
    • un bellissimo capitello corinzio italico proveniente dalla Basilica del Foro cittadino, in travertino, con foglie d'acanto molto plastiche, quasi fossero in terracotta. Le nervature della foglia sono rese con una serie di spigoli vivi che si sovrappongono gli uni agli altri e l'ottima conservazione permette di apprezzare la resa raffinata. Nella struttura della decorazione, da notare la foglia d'acanto che nasce dietro la foglia angolare della seconda corona e che accompagna le elici, che sembra quasi fusa in modo poco organico con la foglia sottostante. Da notare ancora l'iscrizione sul piano superiore (presente anche su altri capitelli conservati nell'area archeologica dell'"Antro delle sorti").
     Capitello corinzio italico, Palestrina
     Capitello corinzio italico di colonna, in travertino,
     esemplare conservato nella Basilica (area archeologica dell' "Antro delle Sorti", presso la cattedrale).


    • un capitello corinzio asiatico in marmo bianco che sembrerebbe lunense, probabilmente ancora di pieno II secolo d.C. e forse, se l'identificazione del marmo è corretta, opera di imitazione di qualche officina locale. Una piccola foglia liscia è presente tra gli spigoli dell'abaco e le spirali delle volute e compaiono ancora i caulicoli con stelo stretto e liscio, e grande orlo sferico, da cui il calice nasce poco organicamente decentrato.
    • un capitello corinzio asiatico delle serie più tarde presenta l'abaco con un curioso andamento obliquo.
    • di fronte, a terra una "base tuscanica", con imoscapo del fusto, ovolo e gola diritta sopra il plinto, in travertino stuccato. Il fusto, ora liscio, si presentava in origine scanalato, con un suo rivestimento in stucco ancora conservato, mentre le scanalature sono state poi riempite nella fase di stuccatura a cui appartengono anche le modanature della base: si tratta forse di una rilavorazione di uno degli originali elementi del santuario in epoca post-antica.
    • accanto si trova un elemento di cornice ionica decorato su tre lati, che nella didascalia del museo viene denominato "parte di soffitto marmoreo da S.Cesareo", e datato al I secolo d.C. A partire dall'alto le modanature sono costituite da listello, sima a gola diritta decorata con un anthemion a tralci obliqui vegetalizzati e con palmette e calici pendenti. La corona è decorata da una successione di tralci ad S, tutti nello stesso senso, separati da elementi verticali e con spirali occupate da rosette. Il soffitto è decorato da baccellature prive di elemento intermedio e con doppia lunetta inferiore; negli spazi quadrati agli angoli sono presenti rosette a quattro petali. Il sottostante kyma ionico presenta larghe freccette e sgusci piatti e larghi. Seguono dentelli quadrati, piccoli in proporzione alle altre modanature e con sbarrette intermedie sullo stesso piano della superficie anteriore. Le modanature terminano inferiormente con un grande kyma di foglie rovesce. Me dimensioni proporzionalmente ridotte dei dentelli, e in particolare la resa delle palmette dell'anthemion, con i lobi "tubolari", sembrerebbero indicare un'epoca più tarda di quella attribuita.
  • All'estremità destra (in corrispondenza del moderno ascensore) restano due colonne e una lesena di testata, con relativa trabeazione, del portico corinzio.

La base attica è priva di plinto, ma intagliata insieme all'imoscapo e presenta una scozia stretta e profonda. Le scanalature del fusto terminano inferiormente contro una breve superficie obliqua, mentre superiormente sono bruscamente troncate con una terminazione diritta anziché curvilinea, lasciando una breve superficie liscia prima dell'incurvarsi finale del fusto.

Il capitello corinzio è di tipo "normale", con larghi caulicoli scanalati. Le foglie d'acanto presentano le nervature convesse, con strette concavità dei lobi, e zone d'ombra circolari tendenti ad una forma ovale. Una piccola foglia svolge la funzione del calicetto per lo stelo del fiore dell'abaco.

La volta di copertura del portico, ancora in parte conservata, presenta ricavati nel cementizio dei cassettoni quadrangolari, con le modanature di incorniciatura disposte prospetticamente, ossia più larghe inferiormente e più strette superiormente.

Come è noto, il Museo è ospitato nel palazzo Barberini, che sorge sopra i resti della parte superiore del santuario. Nelle sale sono visibili i pochi resti murari della tholos superiore e, al primo piano (piano di ingresso) tracce delle colonne scanalate, delle basi e della pavimentazione del doppio portico semicircolare corinzio che coronava la cavea teatrale. La facciata del palazzo, che ricalca la fronte di questo portico, conserva ancora gli elementi in travertino dello zoccolo e del coronamento del podio su cui questo si elevava, con semplici modanature lisce. La cavea tetrale svolge ora le funzioni di scenografica gradinata di accesso al palazzo.

Immagine del plastico del santuario.

La strada moderna, al livello del criptoportico, attraversa la grande terrazza superiore lungo il suo lato di fondo, che in origine era costituito da un settore centrale con arcate inquadrate da semicolonne ioniche, affiancato da doppi portici corinzi, con un ordine di maggiore altezza rispetto a quello delle semicolonne. All'interno del "criptoportico", che era stato trasformato in cisterna ed è ora stato sistemato come ambiente espositivo del museo, si sono già descritte le colonne e la trabeazione ancora in situ, che appartenevano alla fila di colonne interna, con capitelli corinzi "normali". Sulla facciata si conservano ancora settori della trabeazione e capitelli di semicolonne, sia ionico-talici, che corinzio-italici, oltre che fusti e basi.

Dal lato opposto della strada si accede alla parte restante della terrazza superiore (con lo stesso biglietto di ingresso del Museo), dove il doppio portico corinzio proseguiva anche sui lati: restano pochi resti murari ed elementi di basi.

Da qui, per mezzo dei resti della scalinata centrale, si scende ad una stretta terrazza su cui prospetta il muro di contenimento della terrazza superiore, in origine decorato da arcate alternate con nicchie ad edicola, inquadrate da semicolonne ioniche.

Scendendo ancora si raggiunge la terrazza degli emicicli, di cui restano cospicui resti in particolare di quello di destra (guardando la facciata), che doveva essere il vero "antro delle sorti". Gli emicicli erano costituiti da un portico semianulare, con colonne ioniche (capitelli ionico-italici), coperto da una volta a botte e avevano un sedile lungo il muro di fondo. Gli altri tratti del lato di fondo avevano invece un portico dorico rettilineo. Nell'emiciclo di sinistra si conservano, inserite nella muratura che doveva fare da base al sedile, delle mensole in travertino a forma di S, decorate sui lati da nastri che si avvolgono in volute e da rosette, molto simili a quelle che decorano le metope del fregio dorico.

Dal centro della terrazza degli emicicli si dipartono le due rampe che permettevano di salire al santuario, suddivise in una strada scoperta e in un portico dorico, di cui rimangono visibili solo alcuni tratti dello stilobate, inclinato ma con settori circolari dal piano orizzontale dove poggiavano le colonne. Si riporta che i capitelli dorici del portico presentavano l'abaco inclinato per accordarsi la trabeazione, il cui andamento doveva accompagnare la pendenza della rampa.

Sulla terrazza ai piedi della rampa si conservano un elemento di architrave con lacunare a ghirlanda di foglie di quercia e un elemento di cornice (?) con un kyma di foglie, che sono probabilmente attribuibili al III sec.d.C., e inoltre un elemento di fregio-architrave dorico in travertino, probabilmente pertinente alla decorazione del santuario.

Nella città, sul fianco della cattedrale, c'è l'accesso all'area archeologia dell' "Antro delle sorti", che veniva tradizionalmente considerata ancora parte del santuario, il suo settore inferiore, dove si svolgevano le funzioni oracolari. Si tratta invece probabilmente di un'area pubblica cittadina, forse la basilica forense. Le due aule absidate alle estremità una delle quali (a sinistra entrando), parzialmente scavata nella roccia, era stata identificata con il vero e proprio antro delle sorti, e conserva un mosaico con pesci. L'altra era decorata in origine con il mosaico nilotico oggi nel Museo. Entrambi i mosaici, come l'intera struttura, sono databili al II sec. a.C., nell'ambito della grande ristrutturazione urbana di cui fa parte anche la costruzione del santuario. Le due aule sono state riferite al culto di Iside e Serapide.

Nello spazio si conservano diversi elementi architettonici, tra cui diversi esemplari di capitelli corinzio-italici (altri sono in situ sulle semicolonne applicate sulla parete di fondo, e altri ancora sono tuttora visibili sulla facciata del palazzo del Seminario, che aveva occupato l'edificio antico (all'epoca della visita in restauro). Esiste inoltre anche un capitello corinzio "normale", simile a quelli visti in opera nel criptoportico del museo, con grandi caulicoli scanalati e foglie d'acanto dalle nervature convesse, con zone d'ombra quasi circolari.

Capitello corinzio normale, Palestrina

Capitello corinzio "normale" di colonna, in travertino, esemplare conservato nella Basilica (area archeologica dell' "Antro delle Sorti", presso la cattedrale).

Sempre alla stessa epoca dovrebbero appartenere gli elementi di fregio-architrave dorico, sempre in travertino, con metope decorate da rosette di vario tipo, e gli elementi di coronamento, forse pertinente ad un'edicola (è conservato almeno un elemento con modanature decorate su due lati adiacenti). Il coronamento presenta modanature con caratteri ancora ellenistici: il kyma ionico ha sgusci che si incavano a contenere l'ovulo, dal nastro sottile che gira anche nella parte inferiore e separati da lancette, pure molto sottili, strette tra gli sgusci. I dentelli sono stretti e allungati, separati da spazi ridotti, e il kyma lesbio trilobato presenta il fiore intermedio non completamente distinto dagli archetti, il cui nastro ne costituisce ancora in parte il contorno esterno.

Coronamento, Palestrina

Coronamento in travertino, esemplare conservato nella Basilica (area archeologica dell' "Antro delle Sorti", presso la cattedrale).

Si segnala, infine, tra gli altri elementi architettonici presenti nell'area, un blocco di fregio-architrave in marmo, probabilmente databile nella seconda metà del II secolo, con fregio a girali (non ben conservato) e architrave a due fasce, separate da un piccolo kyma lesbio trilobato), coronato da un motivo a rosette incorniciate, kyma ionico e astragalo a fusarole e perline.